Daniela Lanzetti étoile
ma il suo palco è tedesco

Danzatrice, comasca, dopo la scuola della Scala ora balla a Stoccarda
"Emigrata in Germania perché là c'è più spazio per l'arte"

Daniela Lanzetti, nata a Cantù il 27 marzo 1982, è una splendida fanciulla che ha trovato nel balletto classico il suo modo di vivere. Quest’arte le ha permesso di ottenere una luminosa maturazione, non solo artistica, ma anche umana.
Nel 1993, dopo aver sostenuto quattro prove, è entrata alla Scuola di Danza del Teatro alla Scala di Milano dove, su ottocento partecipanti alla selezione, è giunta seconda. Per otto anni ha studiato con i più illustri docenti, quali Eliane Arditi, Amelia Colombini, Margarita Smirnova, Anna Maria Prina, Paolo Podini, Leonid Nikonov, Vera Karpenko, Loreta Alexandrescu (Character Dance), Franca Roberto (Danza Spagnola) ed Emanuela Tagliavia (Danza Moderna). 
Nel 2001 ha ottenuto il diploma con specializzazione in Classical Dance. Nello stesso anno, a Stoccarda, le è stato offerto un contratto contemporaneamente a Cannes e a Berlino (Staatsopera). Ora svolge con ottimi risultati la sua attività allo Stuttgart Ballet come solista e membro del corpo di ballo.
Comunicativa, affabile e sorridente, gioiosa e riflessiva, Daniela si è confidata ai lettori de La Provincia.
Per quale motivo ha lasciato Como?
L’ho lasciato quasi per necessità a undici anni, quando sono andata a Milano al Teatro alla Scala. Qui sono rimasta otto anni, poi mi sono diplomata. Nonostante mi fosse stato offerto il contratto, per scelta personale mi sono trasferita a Stoccarda. Devo dire che all’estero c’è più spazio per l’arte e il balletto in particolare. C’è senza dubbio un’altra cultura e maggior rispetto per gli artisti. Il balletto, in Germania, è popolare quasi come da noi il gioco del calcio. Pensi che sovente vengo persino riconosciuta per strada da alcuni fans.
Una ballerina in carriera deve sostenere parecchi sacrifici…
È vero. Innanzi tutto non si deve dimenticare la competizione che c’è nel nostro ambito. Tanti vorrebbero esercitare la professione di ballerino, ma pochi sono oggi gli sbocchi professionali e le compagnie di alto livello che permettono di vivere dignitosamente. Poi non si può ignorare il fatto che si deve sempre mantenere una certa forma fisica per cui non si può quasi mai parlare di una vera e propria vacanza. Persino la continua lontananza da casa ha il suo peso; faccio ritorno in famiglia solo due volte all’anno. Poi, in generale, date le numerose tournées, facciamo una vita piuttosto sregolata. Si fa una certa fatica a instaurare legami stabili con persone o amici. Penso di essere socievole, ma a volte, trovarsi sole dopo gli applausi di uno spettacolo, terminata l’adrenalina, tornata a casa a luci spente, senza tutu e senza punte, lascia un po’ di malinconia. Tuttavia non cambierei nulla. Non ho alcun rimpianto. Purtroppo un giorno tutto finirà, le scarpette verranno appese al chiodo, e bisogna essere consapevoli del futuro. 
Quali sono le sue esperienze in Germania?
Sono partita con un’idea negativa della Germania e dei tedeschi, ma mi sono dovuta ricredere. Pensavo di trovare un popolo chiuso e scontroso, invece i tedeschi sono molto cordiali e festaioli e ben disposti verso gli stranieri.
Cosa si aspetta dal suo futuro?
Di riuscire a godermi il balletto come lo sto facendo. Non importa quali risultati otterrò, l’importante è trovare sempre gli stessi stimoli ed entusiasmo che avevo il primo giorno quando mi sono presentata alla selezione del Teatro alla Scala. Spero, quando sarò giunta al termine, di essere soddisfatta del mio percorso e della mia crescita artistica. 
Alberto Cima

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