Garbo, un cd per il rilancio
"Ricomincio da tre"

Il 5 settembre esce l'ultimo capitolo della trilogia del musicista di Fenegrò, star italiano del pop negli anni Ottanta. In anteprima l'artista parla del suo lavoro a La Provincia

Completa un’originale “trilogia cromatica” con un colpo di scena: dopo "Blu" e "Giallo elettrico", l’ultimo capitolo di questo progetto di Garbo si intitolerà "Come il vetro", arriverà nei negozi di dischi il 5 settembre pubblicato dalla Discipline, la casa dell’artista comasco, in collaborazione con la Mescal (l’etichetta indipendente più importante sul territorio nazionale). Nuove canzoni, nuovi umori musicali ma spirito coerente, quello di un uomo che non è mai stato incline ai compromessi per mantenere intatta la sua visione e che, oggi, sperimenta, sornione, il gusto della riscoperta da parte di tanti “figli”, diretti o meno, gli stessi che gli hanno reso omaggio "ConGarbo" dove personaggi come Francesco Bianconi (Baustelle), Boosta (Subsonica), Mauro Giovanardi (La Crus), Meg, Delta V e tanti altri "confessano” il loro amore per l’autore.
Alla fine dei tre colori... nessun colore?
Sì, per chiudere ho scelto l’assenza del colore per guardare oltre, attraverso il vetro. In più questo materiale possiede caratteristiche differenti: è fragile ma tagliente, si appanna ma è traslucido, prerogative che appartengono anche ai diversi momenti dell’album.
Perché una trilogia?
Un giovane, che non ha vissuto il passato, che ha incontrato il mio nome grazie al tributo o alle mie collaborazioni, può essere mosso a curiosità. Ho riscontri quotidiani in luoghi di incontro virtuali, come MySpace, di un rinnovato interesse. Io mi diverto molto anche a citare il mio passato ma amo azzardare cose più nuove, come in questo caso: con questi tre dischi si definiscono i contorni di quello che sono stato e di ciò che sono ora. Anzi, non escludo di riunirli in un cofanetto.
In cosa è differente dagli altri «Come il vetro»?
In questo caso, per la prima volta, devo dire, mi sono prefissato l’obiettivo essere più comunicativo, mostrandomi emozionato per emozionare di più l’ascoltatore. Il singolo, ad esempio, non è un mio brano. Chi è l’autore?
Un artista che con me c’entra pochissimo o, almeno, così poteva sembrare: si chiama Tao, ha già realizzato un album e ha delle idee molto interessanti sul pop. Il pezzo si intitola provocatoriamente "Voglio morire giovane". Una scelta volutamente equivoca perché si tratta, in realtà, di un inno d’amore.
Altre sorprese?
Ho interpretato un classico di Phil Spector, "Baby I love you", che avevo amato da giovane nella versione dei Ramones. Volevo divertirmi riassaporando le sensazioni dell’era punk, che ho vissuto e ho amato. In "No", invece, ho cercato di tornare ai prototipi della new wave, per “autocitarmi” con molta ironia. Ma ci sono temi anche più profondi come "Lei", dove parlo della droga. Se la musica apparirà più comunicativa rispetto al passato ho cercato di compiere esperimenti interessanti sotto il profilo del linguaggio.
E i giovani ascolteranno e impareranno, come quelli che, oggi celebri, pagano il tributo?
Chissà... Io cerco sempre di scoprire qualcosa di nuovo. Sto lavorando con Luca Urbani alla produzione di una band emergente che mi sembra abbia davvero qualcosa da dire.

Alessio Brunialti

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