Giordano Bruno Guerri: <D'Annunzio, l'amore e la guerra>

Lo storico presenta giovedì 4 aprile al Palace di Como il suo saggio sul Vate

A settant’anni dalla morte, (Pescara 12/3/1863 - Gardone 1/3/1938) l’uomo che «sferrò colpi formidabili alla vecchia cultura italiana, impaludata nel classicismo carducciano; alla politica italiana, perduta nei meandri di un trasformismo interminabile; alle abitudini della borghesia e della società ottocentesca, scossa dal terremoto delle sue intuizioni e dalla rivoluzione scatenata dalle sue parole, dalle sue azioni, dal suo gusto», rivive nel documentato e avvincente saggio biografico che gli ha dedicato lo storico Giordano Bruno Guerri: "Gabriele D’Annunzio - L’amante guerriero" (Mondadori, pagine 336, 19 euro).
Ma da che cosa nasce in Guerri la passione per D’annunzio, un autore di cui la cultura del secondo dopoguerra ha cercato di disfarsi in tutti i modi?
"Gabriele D’Annunzio mi ha appassionato perché è un personaggio misconosciuto nella storia d’Italia - spiega Guerri che venerdì 4 aprile alle 21 presenterà il suo saggio al Palace Hotel di Como - Nei miei lavori cerco sempre di dare una visione nuova e più corretta dei personaggi giudicati secondo stereotipi fissi, e di D’Annunzio in particolare visto come Giovanni Battista del fascismo. Fu anche questo nel senso che lui fornì inconsapevolmente formule, riti, miti gesti e modi di essere che poi il fascismo avrebbe adoperato.  Ma D’Annunzio, come lo vedo io, fu anche l’ anticipatore di una libertà dell’individuo e di una libertà intima di gioia di vita che con il fascismo non aveva niente a che fare".
<+DOMANDA>Senza togliere nulla all’importanza e alla puntualità della sua opera, non le pare che le reazioni a D’Annunzio di certa critica di impronta marxista sono state rettificate, se non liquidate del tutto?
<+RISPOSTA>Non mi sembra proprio, anche se il padre del marxismo italiano, Gramsci, mostrò per molti versi di apprezzare D’Annunzio.  Per la sua genuinità e per il suo coraggio di imporre idee nuove, Gramsci nel 1921 subito dopo aver fondato il partito comunista, cercò addirittura - cosa che viene sempre sottaciuta -, una alleanza con D’Annunzio.
<+DOMANDA>Quando si parla di un D’Annunzio solo grande seduttore, non si svilisce la sua opera letteraria?
<+RISPOSTA>Parlandone solo e unicamente dal punto di vista erotico, certamente la si svilisce, ma una delle cose che io  metto molto in risalto è che per lui letteratura e amore, guerra e politica, erano un unico  grande calderone nel quale l’una non poteva fare a meno dell’altro. Per questo  il sottotitolo del libro è "L’Amante Guerriero", perché in tutte le sue attività D’Annunzio era amore e guerra.
<+DOMANDA>Possiamo fare una divisione netta tra uomo e artista?
<+RISPOSTA>Non tenterei questa divisione perché anche la sua produzione intellettuale era la sua carne. Non a caso tutti i suoi amori li trasformava in storie, in letteratura.  Non sarebbe nemmeno stato capace di scrivere senza quella che chiamava la carezza quotidiana.  Le ispiratrici, che quasi tutte si sono sacrificate per lui, hanno avuto la vita rovinata, la famiglia distrutta e spesso  hanno fatto anche una brutta fine. Dedico  molta attenzione a queste donne, non per spirito di gossip, ma perché sono una componente essenziale della sua poetica.

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