Il poeta comasco Berra
al Festival di Parma

Giornalista de "La Provincia", autore di una decina di libri, è tra i protagonisti dell'antologia "Orchestra 2", curata da Giampiero Neri e pubblicata dall'editore LietoColle di Faloppio. Lo ha intervistato il critico letterario Fulvio Panzeri

Al Festival della poesia di Parma, domenica 22 giugno, ci sarà anche Pietro Berra, comasco, giornalista del quotidiano "La Provincia" e poeta che ha pubblicato una decina di libri. Tra quelli di poesia ricordiamo "Un giorno come l’ultimo" (Dialogolibri, 1997), "Poesie di lago e di mare" (LietoColle, 2004) e "Poesie politiche" (Luca Pensa Editore, 2005). C’è però una novità in arrivo e sarà proprio a Parma l’anteprima. Che cosa presenti a Parma, un appuntamento prestigioso per la poesia in Italia?
Partecipo alla presentazione di "Orchestra 2", un’antologia in cui Giampiero Neri ha voluto mettere insieme dieci poeti del catalogo della LietoColle, dieci voci molto diverse «a imitazione dell’incomparabile diversità della Natura», come ha scritto nella prefazione. Sono tutti testi inediti. I miei, in particolare, costituiscono un’anticipazione di una nuova silloge, "Notizie sulla famiglia".
Hai quindi in preparazione un nuovo libro?
Sì, il quarto di poesia. L’ho consegnato da poco e uscirà a ottobre, in una collana curata da Maurizio Cucchi per le edizioni Stampa di Brunello (Va). L’editore, Marco Borroni, è uno di quelli che, come Michelangelo Camilliti della LietoColle, ancora credono fermamente nella forza della poesia e, con l’aiuto di un manipolo di amici altrettanto "folli" (o idealisti), pubblica ogni anno tre-quattro titoli, molto curati. Anzi, direi quasi accuditi, come dei figli.
C’è un tema che accomuna questa tua nuova raccolta poetica?
La famiglia. Il titolo della silloge, infatti, è da intendersi in senso letterale. Il libro getta uno sguardo a ritroso sugli eventi, grandi e minimi, che hanno coinvolto questa famiglia, direi dai primi del Novecento, per arrivare all’oggi. In mezzo c’è un secolo, di amore e sofferenze, di storia collettiva e storie personali, dal fascismo alla globalizzazione, passando per echi della Swinging London rimbalzati in un cinema di provincia ora dismesso. E, soprattutto, c’è la voglia di trovare, anche attraverso la poesia, un senso a tutto questo.
Tu hai sempre creduto in una funzione "civile" della poesia, un modo per interrogare le coscienze. Questo aspetto è evidente anche nei tuoi nuovi versi?
Ti rispondo con una poesia, "La famiglia del Papa": «Un volantino per ogni bambino / distribuivano le pie mamme / all’uscita di scuola: / un appello ad andare a Roma / per difendere la famiglia del Papa. // Non andremo, perché la nostra / divisa e sgangherata / ha oggi più bisogno di noi». Se è "civile" o "incivile", giudica tu. Anzi, giudichino i lettori.

Fulvio Panzeri

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