Legnanesi, 70 anni
di risate nostrane

La compagnia “en travestì” taglia un traguardo importante: dalla fabbrica alla scena tanti ricordi - Parlano i testimoni di ieri e di oggi: in attesa dell’arrivo a Como (il 6 marzo) dello spettacolo “70 voglia di ridere”

Settant’anni di tradizione e risate. È questo che ogni sera i Legnanesi festeggiano con il tutto esaurito al Teatro della Luna di Assago (Milano), dove lo scorso dicembre hanno inaugurato una stagione importante.

Con il nuovo spettacolo, “70 voglia di ridere c’è”(in arrivo al Sociale di Como: quattro sere dal 6 al 9 marzo), la nota compagnia en travestì lombarda celebra i sette decenni di palcoscenico, con le sue storie di cortile e di ringhiere che si snodano sui ballatoi, là dove i vicini sono così vicini da avere la sensazione che vivano con te, condividendo gioie e preoccupazioni. Perché si sa, il cortile è il regno dei “povercrist”, sopravvissuti alle guerre, alle carestie, alle immigrazioni e alle industrie.

La storia dei Legnanesi inizia ufficialmente l’8 dicembre 1949 con il primo spettacolo all’oratorio di Legnarello, una delle contrade di Legnano. Felice Musazzi e Tony Barlocco, metalmeccanici della Franco Tosi, insieme a Luigi Cavalleri, dietro vita a questa esperienza di teatro popolare ancora oggi unica, costretti da una disposizione del cardinale Schuster che vietava le rappresentazioni promiscue, a far interpretare i ruoli femminili da uomini. Da qui ha origine la composizione esclusivamente maschile della compagnia, che vede protagonista la famiglia Colombo, con la Teresa, il Giovanni e la figlia zitella Mabilia.

«Io questa storia l’ho vissuta tutta – racconta Sandra Musazzi, figlia del fondatore – mia mamma era guardarobiera di papà, mia zia della Mabilia. Sono cresciuta dietro il palcoscenico ed ho sposato uno dei boys della compagnia, di cui oggi sono direttore artistico. Ma per i Legnanesi ho fatto e faccio di tutto».

Erano gli anni del dopoguerra e la gente aveva bisogno di evasione, da qui il successo degli spettacoli che raccontavano storie di tutti i giorni, attraverso una comicità pulita. Gli stessi protagonisti avevano i piedi ben piantati a terra: di giorno lavoravano mentre la sera e nel weekend si concedevano ai riflettori.

A traghettare nel nuovo millennio la compagnia ci ha pensato un trio collaudatissimo, composto da Antonio Provasio (Teresa), capocomico, regista e autore dei testi, Enrico Dalceri (Mabilia) e Luigi Campisi (Giovanni) che ha interpretato per oltre un decennio lo stesso ruolo al fianco del grande Musazzi.

«Ciò che non è mai cambiato è lo spirito della compagnia - spiega Provasio - continuiamo a raccontare la nostra storia e le nostre tradizioni, ma con un occhio ai mutamenti della società che ci sta attorno. La comicità poi ha avuto un’evoluzione con l’avvento del cabaret, per questo abbiamo modernizzato i testi e italianizzato il dialetto, anche per avvicinare i giovani».

Chi avrebbe mai potuto immaginare, settant’anni fa, che il dialetto lombardo potesse diventare una lingua universale capace di collezionare numeri da rockstar, con oltre 160 mila spettatori ogni stagione?

«Eppure siamo ancora una compagnia amatoriale - tiene a sottolineare il capocomico - solo io e Campisi siamo attori professionisti. Dalceri lavora per una nota casa di moda milanese e poi ci sono operai, impiegati, dirigenti d’azienda che finiscono di lavorare la sera, prendono il pullman come una volta facevo anche io, e salgono sul palcoscenico».

Provasio è entrato a far parte dei Legnanesi appena maggiorenne. «Ho debuttato al teatro Odeon di Milano il 28 dicembre 1982- ricorda - dove allora si rimaneva per sei mesi e la gente faceva lunghe code sin dalla mattina per accaparrarsi i biglietti. Sono stato il primo boys a cui Musazzi affidò una parte parlata». Nato a San Giorgio su Legnano, l’attore ha vissuto la vita di cortile con il bagno in comune fino all’età di dieci anni, per questo oggi è così credibile nei panni della Teresa, che veste dal 2000, sempre rimbrottando l’avvinazzato Giuan».

Riavvolgendo il filo della memoria, Provasio ci tiene a ricordare don Antonio Airoldi, parroco di Legnarello, nonché papà di tutti i Legnanesi, morto ultra novantenne. «Con Felice Musazzi aveva dato vita alla Filodrammatica San Genesio, era un sacerdote rivoluzionario, un tipo don Camillo, ma tutti gli volevano bene. È stato il primo agente teatrale della compagnia, finché lo hanno richiamato dalla Curia e allora ha scelto di fare solo il prete».

Da non trascurare, poi, il posto di rilievo dei Legnanesi nella storia del teatro, che li pone al fianco di Gilberto Govi ed Eduardo De Filippo per la straordinaria capacità di dare voce a un sentimento popolare e alle trasformazioni sociali. Negli anni Cinquanta la compagnia conquista personaggi come Federico Fellini, Rudolf Nurejev, Luchino Visconti, Giorgio Strehler e Wanda Osiris di cui Mabilia è un riuscitissimo remake, tanto da spingere la celebre soubrette a regalare alcuni suoi gioielli a Tony Barlocco, il primo ad interpretarla.

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