Mogol racconta Battisti:
"Amava la Brianza, componevamo a casa mia"

Rapetti racconta l'amicizia con l'artista e assicura: "Non nascerà un nuovo Lucio"

Ha fatto parlare di sé per una decisione anagrafica che potrebbe sembrare di poco conto ed è, invece, storica: aggiungere il suo celebre pseudonimo al suo vero nome.
Giulio Rapetti Mogol, oggi si chiama così, è tornato a parlare di Lucio Battisti ricordando, per La Provincia, i trascorsi in Brianza del team di autori più celebre della storia della canzone italiana: «Ho costruito la casa in Brianza quattro o cinque anni prima di Lucio. Il posto gli piaceva e costruì anche lui una casa. È una zona molto bella e ricca di verde e con molti laghi, facilmente raggiungibile da Milano. Ci incontravamo a lavorare in casa mia una volta l’anno quando lui aveva finito di lavorare sulle composizioni musicali. Lui suonava e rimaneva a mia disposizione per ripetere la melodia con la chitarra. Battisti non mi ha mai suggerito una parola né io gli ho mai suggerito una nota. Avevamo la massima stima professionale l’uno dell’altro».

Un’esperienza umana, oltre che una collaborazione, interrottasi bruscamente anche se ha fatto scalpore il racconto affidato dal paroliere a Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro Il mio amico Lucio Battisti, soprattutto quando si è scoperto che prima della morte del musicista Mogol gli fece recapitare una lettera con poche, ma sentite frasi: «Caro Lucio, spero che la stampa esageri, comunque questo è il mio numero, se hai bisogno io ci sono».
A quanto pare venne letta e suscitò un momento di commozione in un Battisti già provato dal male. Il decimo anniversario della sua scomparsa  si è consumato ieri.
Tra tutti spicca, naturalmente, la kermesse Un’avventura, le emozioni a Molteno che ha raccolto più di quindicimila persone nelle due serate di concerti. Una cifra che potrebbe quasi raddoppiare contando i visitatori della mostra Un tuffo dove l’acqua è più blu, curata dal collezionista ed esperto Italo Gnocchi che ha raccolto cartoline, manifesti, immagini che, in questi due lustri, sono stati realizzati utilizzando “emozioni” dell’immaginario battistiano, forse in tacita risposta alle periodiche richieste di silenzio dei familiari del musicista.

Applauditissimi Maurizio Vandelli, preceduto dal cantautore Stefano Tessadri, e Edoardo Bennato, introdotto dalla grande vocalist Laura Fedele. Quest’ultimo ha raccontato i suoi trascorsi alla Numero Uno, l’etichetta di Mogol: il primo 45 giri pubblicato era suo, Marylou / La fine del mondo, oggi un pezzo da collezione. «Lucio mi incontrò nei corridoi, avevo la chitarra a tracolla e l’armonica a bocca - ha ricordato divertito - e mi ha detto "Aò ma chi sei? Bobbe Dylan?"». Unico a non eseguire brani del compianto maestro “Edo” si è concentrato su brani blues e rock che gli sarebbero piaciuti: «Gli prestai un album di John Hammond Jr., grande bluesman bianco. Me lo restituì completamente graffiato, l’aveva ascoltato allo sfinimento». Nelle prime edizioni della manifestazione si premiava, anche, un possibile successore, ma ha ragione a Mogol: «Non credo che sia giusto cercare un nuovo Battisti. Lo ritengo impossibile. Ci saranno altri grandi artisti ma diversi da lui. L’importante è che la promozione si rivolga a una valutazione meritocratica che può essere compiuta da persone molto competenti e che l’unico metro non sia l’appartenenza alla "playlist" e cioè al credito che l’artista ha già ottenuto, ma che si eserciti sul brano discografico».
Alessio Brunialti

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