Parolario, gli incontri del 31 agosto
Moro, ecco le lettere della prigionia

Lo storico Gotor, recente vincitore del Premio Viareggio per la saggistica, è a Parolario per presentare l'edizione critica degli scritti del leader Dc sequestrato e ucciso dalle Br nel 1978

Trent’anni dopo l’assassinio, sono ancora numerosi gli enigmi che rendono insoluto il caso Moro. Non sappiamo, come spesso hanno commentato storici e giornalisti, perché sette servizi segreti di rango internazionale intercettarono la notizia che le Brigate Rosse stavano preparando un sequestro di un importante uomo politico in Italia, e il sequestro non fu sventato. Non sappiamo chi erano i membri del commando che la mattina del 16 marzo 1978 rapirono Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana.

Tanti punti oscuri

Chi erano gli esperti militari che quella mattina erano in via Fani? Per fare un’operazione di quel genere, ci voleva gente abile nell’uso delle armi ed allenata, perché quella fu un’azione di guerra che si prepara nelle scuole militari. Si sa che tutti i membri del commando sono stati identificati e condannati, ma ce ne sono sicuramente altri che non sono stati individuati. Non si conosce ancora che cosa è avvenuto effettivamente durante i 55 giorni del sequestro: quante trattative ci furono? Chi le diresse? Qual era l’oggetto di quelle trattative? E quale fu l’andamento, la conclusione di quelle trattative? Nel caso Moro pare ci fosse anche un altro cervello. Lo ha detto un presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro nell’esercizio delle sue funzioni in una seduta del Parlamento, in occasione del ventesimo anniversario della morte di Moro: il livello militare, politico e intellettuale dei brigatisti non era tale da giustificare un’operazione di quel genere.

Il saggio

Tutte queste domande ora potrebbero trovare una risposta nelle "Lettere dalla prigionia di Aldo Moro" (Einaudi, 400 pagine, 17, 50 euro) egregiamente curate e introdotte da Miguel Gotor che ha vinto con questo libro il recente Premio Viareggio per la saggistica. Lo studioso, 36 anni, ricercatore di Storia moderna all’Università di Torino, autore di studi sull’Inquisizione tra Cinque e Seicento, presenta questa sera il suo libro a Parolario, in piazza Cavour a Como, alle ore ore 21. Il lavoro di riordino delle missive di Moro è esemplare, condotto con scrupolo su documenti d’archivio spesso inediti. Le lettere furono ritrovate nello stesso covo di Milano, in due distinti momenti: nell’ottobre del 1978 e nell’ottobre del 1990. Sono scritti drammatici, angosciati, accorati, con grandi valutazioni politiche di un momento difficile, tragico dell’uomo e del Paese. Chiedono, consigliano, implorano, additano, sperano; sono l’anima aperta di un uomo, il cuore di una fede che nonostante tutto batteva con grande fiducia auspicando la fine dell’agonia. Ecco un esempio tra i più toccanti di quelli proposti nel libro di Gotor: «Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo».

Quei 55 giorni

Aldo Moro è stato rapito e ammazzato dalle Brigate rosse, una realtà guerrigliera rivoluzionaria, che aveva cominciato a tramare otto anni prima per rapire il leader della Dc. Ci sono molte cose che non tornano, soprattutto da parte dei comportamenti dello Stato e dell’atteggiamento che le istituzioni della Repubblica hanno avuto durante quei 55 giorni, come si evince dal saggio di Gotor. Comunque, se i brigatisti aggiungessero quello che hanno evitato di dire, il quadro storico ne gioverebbe. Il libro di Gotor si propone di fornire un’edizione, accertata sugli originali dei manoscritti o sulle loro fotocopie, di tutte le lettere sinora conosciute scritte da Aldo Moro e una ricostruzione della loro cronologia nel corso dei giorni del sequestro.

Francesco Mannoni

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Milva, Vitali, De Sfroos:
sono "stelle" Vistalario

Quanto amiamo questo lago, quanto sentiamo di appartenere al Lario, specchio d’acqua che, spesso, percorrendo di fretta la strada asfaltata che lo affianca, non ci fermiamo più a guardarlo, magari un’occhiata distratta, fermi al semaforo, di sera, quando le luci dei monti circostanti si riflettono e incorniciano quell’atmosfera incantevole che mozza il fiato ai turisti. Allora sì, sentiamo di essere non (solo) comaschi ma lariani. E ciascuno vive un personale rapporto con il lago e con gli scorci di terra che vi si affacciano, luoghi preferiti, che si preferisce, talvolta, tenere segreti per potervisi rifugiare indisturbati. Andrea Dusio, giornalista di costume e spettacolo per numerose testate, e Michele Mauri, direttore di "Vivere. Il periodico di Monza e della Brianza", hanno raccolto voci differenti per restituirci un’immagine policroma, come differenti sono i colori che si riflettono fra le ondine. In "Vistalario. Il Lago di Como raccontato da...", volume che sarà presentato al Broletto, stasera alle 21.30 nell’ambito di Parolario, raccoglie diciassette interviste a personaggi diversissimi, dallo scrittore Andrea Vitali al politico Sergio Gaddi, passando per un’attrice del calibro di Maria Amelia Monti, un’icona della canzone italiana come Milva senza dimenticare, naturalmente, quel Davide Van De Sfroos che ha fatto della lingua della Tremezzina l’improbabile passaporto per raggiungere la fama nazionale. Già tempo fa, rispondendo alla fatidica domanda sul "sogno nel cassetto”, il musicista confessò che, fin da bambino, avrebbe voluto svegliarsi una mattina scoprendo che il lago non c’era più: prosciugato, per scoprire, vedere davvero, cose c’è sotto, dal Lariosauro all’oro di Dongo alle altre leggende.

Alessio Brunialti

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Tappe per ritrovare il gusto
Un libro sugli alpeggi lariani

Le cronache ci raccontano dei prezzi degli alimentari alle stelle, della grande distribuzione che annaspa, dei distributori di latte fresco, di altri generi alimentari non più preconfezionati ma acquistati secondo il bisogno e non secondo una quantità imposta. Sai che novità, diranno quelli, e non sono pochi, che si ricordano quando tutto questo era la norma, quando gli alpeggi e i pascoli, anche nella nostra realtà, quella Lario Intelvese, abbondavano e caratterizzavano, con i loro ritmi, la vita di quei luoghi. Oggi si tratta di punti di ristorazione ricercati da chi vuole tornare al genuino ma non esiste solo il commercio, c’è anche una storia che si riflette sull’economia locale, perfino sull’edilizia con i suoi caratteristici insediamenti. Una storia orale, finora, posta su carta dall’esperta Rita Carminati e da Michele Corti, docente di sistemi zootecnici e pastorali montani alla Facoltà di agraria di Milano nel volume «Gli alpeggi dei monti lariointelvesi: tappe per gustare ambienti e sapori antichi», libro che sarà presentato oggi pomeriggio alle 16 al caffè letterario di Parolario, in piazza Cavour. Nel territorio lariointelvese i prati-pascoli, i pascoli e gli alpeggi costituivano una componente fondamentale del paesaggio e della vita locale. La Tremezzina disponeva di veri e propri alpeggi.

Al. Br.

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