Per Vitali, una svolta in "noir"
"Mi sentivo un po' in crisi"

Dopo il successo travolgente de "La modista", dal 20 novembre è in libreria il romanzo "Dopo lunga e penosa malatti" (Garzanti). L'autore confida a La Provincia di aver attraversato un momento non brillante: ne è uscito grazie alla scrittura

Esce il 20 novembre il nuovo romanzo di Andrea Vitali, "Dopo lunga e penosa malattia", Garzanti, 180 pag., 14,60 euro. Il romanzo viene presentato il 21 novembre alle ore 18.30 all’Osteria del treno, a Milano, con il gruppo musicale dei Sulutumana. Il 22 novembre, alle ore 17.30, Vitali sarà alla Libreria Cattaneo di Lecco.


di Sara Cerrato

Il titolo è mesto, anche se, a ben guardare, vi si intravvede un guizzo di ironia, in quel linguaggio un po’ antiquato e vagamente ottocentesco, che caratterizza gli annunci funebri, in cui con toni pietosi si dà notizia della dipartita di un congiunto o di un conoscente. La storia poi, senza dimenticare il "sapore di lago", prerogativa che ha reso popolarissimo presso il grande pubblico il suo autore, si caratterizza per delle venature "noir", che pur non indicando una vera svolta verso questo genere, regalano ai lettori brividi imprevisti. Ecco "Dopo lunga e penosa malattia", il nuovo romanzo, da oggi in libreria, dello scrittore e medico bellanese Andrea Vitali.
Con un occhio alle strenne da mettere sotto l’albero dell’imminente Natale, la casa editrice Garzanti propone l’ultimissima fatica di Vitali. Non una novità assoluta ma una storia "robustamente riscritta" dall’autore, sulla base del precedente racconto pubblicato nel 2001 all’interno della raccolta "L’aria del lago". Ne parliamo con lo stesso Vitali.

Vitali, perché riscrivere un racconto del passato? Quali modifiche ha apportato alla vicenda?

Rileggendo quel testo, mi sono reso conto che c’era spazio per ampliare e arricchire il tessuto del racconto. Non ho apportato modifiche alla trama o al titolo, elementi che sono rimasti praticamente invariati. L’operazione di riscrittura è stata comunque molto importante e significativa, con una maggiore ricerca di immagini e di suggestioni che arricchiscono la narrazione a vantaggio, spero, del pubblico.

Il suo romanzo si apre con la notizia di un funerale. Campane a morto per un "giallo"?

Ma no, non mi trasformerò in un giallista, anche se sarebbe forse un imprevisto divertente. La bussola della mia scrittura è sempre la certezza di essermi imbattuto in una storia forte, bella, pronta per essere raccontata. Quando, qualche anno fa, una mia paziente venuta all’ambulatorio per una visita, mi raccontò questa vicenda, capii subito che ne avrei potuto scrivere.

Chi è il "caro estinto" a cui fa accenno il titolo?

Si tratta del notaio del paese, uomo autorevole e conosciuto da tutti che muore improvvisamente, d’infarto, senza che nessun sintomo avesse mai fatto presagire tale prematura dipartita.

Una morte in netto contrasto con il necrologio che dà titolo al libro…

Certamente. La morte, come detto, è stata rapida ma la famiglia, nel dettare il necrologio per i manifesti che dovranno comparire sui muri del paese, fanno inserire quella frase «dopo lunga e penosa malattia». Proprio l’evidente contraddizione desta la curiosità del medico curante del fu notaio.

Siamo dunque davanti ad un "detective per caso", come tanti sacerdoti, prof, e anche dottori, che affollano le serie televisive e tanta narrativa "poliziesca"?

In un certo senso è così. Il medico, che sarà il protagonista del libro (anche se diciamolo, il vero protagonista è sempre il lago), mette in atto un’indagine basata soprattutto sullo sguardo, l’osservazione dei segnali, anche minimi che la realtà circostante trasmette. In particolare, il medico scoprirà un ambiente non sempre positivo in cui gli esempi di cattiveria, magari non clamorosa ma non meno pungente, non mancano di certo.

Intorno a questo "caso" l’atmosfera si fa cupa. Perché?

La scrittura di questo testo è avvenuta in un momento di crisi. Mi sentivo (e a sentirlo dire da Vitali quasi non ci si crede, ndr) insofferente nei confronti del lago, troppo freddo e umido, grigio, anche triste. È così che lo descrivo in "Dopo lunga e penosa malattia", e in questo modo, come sempre, il paesaggio riflette gli stati d’animo dei personaggi, le situazioni narrate. È come una grande cassa di risonanza delle emozioni e dei sentimenti. Diventa il centro stesso delle azioni.

La scrittura l’ha aiutata a uscire dal periodo "nero"?

Certo. Come spesso si dice è una vera cura dell’anima.

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