Plinio, grande divulgatore

Mostra didattica sull’autore della “Naturalis Historia” per la festa del patrono

Diciotto pannelli didattici di grande formato, incastonati in un piccolo scrigno di architettura sacra lariana, per accendere i riflettori su Plinio il Vecchio. Che tanto per fare qualche esempio nella sua sterminata opera parla di uso e lavorazione della seta (ritenuta di origine vegetale) e dei coloranti tessili, di probiotici e rimedi naturali, dubita della casta dei medici come farebbe uno scettico dei nostri tempi e invita alla spending review come il più radicale degli economisti. Diciotto porte d’accesso per stimolare nei comaschi e nei turisti la curiosità di approfondire l’opera e l’insegnamento di Plinio, per tanti versi ancora attuale. Questo lo scopo della mostra “Plinio il Vecchio e la Naturalis historia” promossa a cura della Società Archeologica Comense, in collaborazione con l’Accademia Pliniana e con il patrocinio del comitato per il Bimillenario di Plinio il Vecchio dal prossimo 30 agosto al 3 settembre nell’antico complesso della chiesa intitolata ai santi Cosma e Damiano, in via Regina Teodolinda 27. Ingresso libero.

A coordinare il percorso è stato chiamato il professor Gaetano Iapichino, medico e docente universitario, innamorato della “Naturalis historia” al punto da essersela letta tutta da capo a piedi, nell’edizione Giardini voluta dall’allora sindaco di Como Antonio Spallino, per preparare la mostra. «Plinio insegna moltissime cose - dice Iapichino - invita ad essere frugali e parsimoniosi e rifuggire dai lussi, con una opera che di fatto fonda il genere dell’enciclopedia e che era diretta all’umile pubblico degli agricoltori, alla massa degli artigiani. Plinio è molto attuale - dice ancora Iapichino - se pensiamo alle migrazioni attuali, dato che indaga anche usanze e costumi delle genti straniere: ha ben chiara l’importanza politico-economica della nostra penisola, scrive Plinio, “con mari e porti, aprendo il grembo agli scambi tra popoli”».

Interessantissimo poi è il metodo di lavoro pliniano: «Lo considero il Piero Angela dell’antichità - dice Iapichino, che auspica che la mostra prosegua nell’anno pliniano in altre sedi, magari alla biblioteca Borsellino - dato che è un moderno divulgatore scientifico; il pregio, innovativo ed esclusivo, della sua opera, è la citazione puntuale delle fonti: oltre 2000 volumi di ben più di 100 autori». In molti mesi di lavoro, l’Archeologica ha allestito insomma un sintetico portale di accesso al mondo pliniano, dove come sottolinea Iapichino si scoprono sorprendenti analogie tra l’antica Roma e il mondo odierno: «Costante, si diceva, l’attenzione ai costi inutili e superflui (come i profumi e la seta che poi avrebbe fatto secoli dopo la fortuna di Como, Plinio ricorda che per la seta nell’lmpero si spendevano centinaia di migliaia di sesterzi). E continuo è il suo “cave”, il richiamo di attenzione per evitare adulterazioni, sofisticazioni, inganni e truffe di ogni sorta, allora come oggi sempre in agguato».

Come il suo erede Piero Angela Plinio è sensibile all’interesse per la scienza che, dice Iapichino, «in lui è evidentissimo, basti pensare che ci ricorda come Eratostene (Direttore della biblioteca di Alessandria d’Egitto nel 200 a.C) scoprì la forma rotonda della Terra di cui calcola raggio e circonferenza e diametro, dati risultati esatti». Da medico, Iapichino è sensibile al Plinio che riflette in modo estremamente attuale su vita e fine vita: «Ricorda che il dono della vita è troppo fragile e precario e che tolto il riposo notturno ognuno vive metà del tempo. E che la vecchiaia dura a lungo per farci soffrire, ed è una forma di malattia anche lo spegnersi delle facoltà mentali. Perciò per lui la morte improvvisa è una gran fortuna». Plinio è fortemente ostile nei confronti dei medici, ricorda Iapichino, «sia per motivazioni etiche (condanna l’esercizio della professione medica volto ad accumulare denaro), sia per scetticismo sulla fondatezza della scienza medica». Inoltre Plinio, dice Iapichino, «ha una moderna e attualissima visione ecologica della Terra che chiama Madre: coltivarla significa anche venerarla. Peccato gli uomini abbiano dimenticato la gratitudine nei confronti della natura tagliando le montagne per ottenerne marmi, cercando perle nel Mar Rosso e smeraldi sottoterra».

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