Poesia primitiva e bellezza che salva
<Ab origine>, l'uomo si riscopre

Al Broletto una mostra dal mito delle origini alla prefigurazione dell'umanità redenta

La mostra <Ab origine. Dal primitivismo di Gauguin all’età dell’oro di Dostoevskij> in corso al palazzo del Broletto di Como è un invito a superare il bombardamento mediatico e la distanza che allontana l’uomo da se stesso per riscoprire la modernità poetica del primitivo e la bellezza che salva. L’esposizione, a cura di Beatrice Tetegan, conduce dal mito delle origini con le maschere di Giovanni Matano alla prefigurazione dell’umanità redenta da Cristo nelle preziose icone della collezione Orler passando attraverso i Bianchi, in polistirolo e sabbia, di Ezio Gribaudo, le fotografie di Diego Castagna, i libri d’artista di Eugenio Pacchioli e gli straordinari tessuti di Etro. La riflessione incomincia pensando al titolo della celebre opera di Gauguin <Da dove veniamo? …> che realizzò a Tahiti mentre lo divoravano amletici dilemmi esistenziali di fronte al mistero incomprensibile dell’origine dell’uomo.

<È la spinta a indagare l’origine delle cose - osserva la curatrice Beatrice Tetegan - che ci fa percorrere la linea della storia dell’uomo pervasa dal dolore, ma anche dalla bellezza: come nella mitopoiesi di Dostoevskij la bellezza può riscattare il dolore e  uscire illesa dalle tenebre del sottosuolo». Il percorso espositivo inizia dalle suggestioni mitologiche dell’Esercito Maori di Giovanni Matano con diverse maschere in cotto rosso di Castellamonte, allineate l’una accanto all’altra, che osservano lo spettatore. Se l’artista e noto esponente del primitivismo contemporaneo si cala nella forza primordiale dello spirito selvaggio intriso di magia tra il bello e il terribile,  Ezio Gribaudo ci porta alla purezza dell’essere tra candore e rigore con i suoi bassorilievi in polistirolo e sabbia, bianchi e densi di luce. Da <Navir>a <Ombre Bianche> fino a <Geographie presente> si avverte la eco dell’innocenza del principe Myskin nell’<Idiota> di Dostoevskij alla ricerca dell’<Essere che celando si svela>. Colori, segni, parole e molteplici significati convivono nelle tavole di Eugenio Pacchioli che si concentra sull’uomo di ogni tempo alle prese con  problemi e aspirazioni quotidiane e in dialogo con il divino. A Como vediamo tre disegni in bianco e nero realizzati con tecnica monotipo e ispirati al <Canto di mezzanotte> tratto da <Così parlò Zaratustra> di Nietzsche di cui Mahler sentì la suggestione nella composizione della terza sinfonia che culmina nel messaggio dell’amore eterno. In esposizione anche <Io e il re> che fa parte di un epistolario immaginario con l’autorità e alcune tavole prese dai libri cartella <Gli ulivi della Bibbia> e <I monti della Bibbia> che traggono spunto dalle sacre scritture. Nelle fotografie di Diego Castagna, appositamente realizzate, compaiono figure femminili avvolte dai ricercati tessuti di Etro e le maschere di Giovanni Matano tra inediti accostamenti cromatici e riferimenti poetici. Spicca tra le immagini a colori, ambientate in paesaggi reali e senza tempo, la suggestiva <Lotta tra Giacobbe e l’angelo> in cui la giovane donna simboleggia una creatura celeste mentre una scultura rappresenta le controverse forze terrene. La mostra prosegue con <Atripalda> e <Kitai>, tessuti raffinatissimi d’ispirazione russa che la casa di moda Etro ha realizzato per l’occasione, e termina con due straordinarie icone della collezione Orler. Una del XVIII secolo proviene da Kostromà o Jaroslàvl e raffigura <La discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli> con al centro la Madre di Dio su un trono regale e in alto la colomba, simbolo dello Spirito Santo che illumina i dodici apostoli. L’altra è un <Menologio annuale con le icone mariane miracolose> della prima metà del XIX secolo che viene da Chòluj e traduce una sintesi di pittura raffinata fatta di simmetria pura e armonia cromatica. Al centro della tavoletta votiva spicca la resurrezione di Cristo vestito di rosso e ritratto sopra il sepolcro nel momento in cui sale al cielo. L’icona è suddivisa in dodici riquadri dedicati ai mesi. Nell’ambito dell’esposizione si è tenuta a Villa Gallia una conferenza di monsignor Giovanni Battista Gandolfo sul Messaggio di Giovanni Paolo II agli artisti scritto per il Giubileo del 2000. 

Stefania Briccola

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