"Gli archivi letterari?
Luoghi vivi della memoria"

Anche Valentina Fortichiari della Longanesi interviene nel dibattito sull'esigenza di una maggior tutela degli inediti d'autore, lanciato dal critico Fulvio Panzeri, dalle pagine culturali de "La Provincia"

di Valentina Fortichiari *

Ho pensato subito a questo, accogliendo l’invito di Fulvio Panzeri a parlare di "archivi letterari". La vita degli scrittori, a detta di tutti, o quasi tutti, esige isolamento, solitudine, silenzio. Qualcuno, dotato di molta intelligenza e di mezzi idonei, vale a dire persone generose che evocano il ricordo dei grandi mecenati illuminati di un tempo, offre oggi agli scrittori che ne hanno bisogno "luoghi d’incanto" ovunque nel mondo, per isolarsi, meditare, creare, in una parola per ascoltarsi. Sono generalmente isole verdi, spazi estesi di boschi, dimore dalle stanze ampie, fatte d’aria, luce, ombre, e di alti soffitti, finestre e vedute sulla natura, sul mare a volte. Luoghi che nutrono grande rispetto per il silenzio e insieme per le voci che vanno ascoltate, quelle giuste, e per l’arte discreta della conversazione nei momenti necessari. Non tutti gli scrittori hanno avuto, hanno la fortuna di una stanza tutta per sé, la possibilità di disporre di luoghi ideali per il loro mestiere, in vita. Ma dopo? Quando gli scrittori se ne vanno? Quando ci lasciano, dove vanno a finire i loro tesori? Dove finiscono le carte, gli appunti, le note compilate a mano o trascritte, le tappe e i percorsi dei loro pensieri, della mente e del cuore? Ho vissuto in prima persona l’esperienza memorabile (unica e mai dismessa) del "caso Morselli", lo scrittore varesino morto suicida nel 1973, uscito postumo da Adelphi. Emblema dell’autore inedito, sfortunato, misconosciuto dagli editori. Tanta attenzione post mortem, pagata a carissimo prezzo. Morselli un luogo per scrivere, isolato dal mondo, l’aveva. La piccola casetta rosa di Santa Trinita a Gavirate, nell’ampia spianata che chiamava «laghetto verde», non lontana dal lago vero. A due anni dalla sua morte ho vissuto l’emozione di metter mano a 5 scatoloni colmi di manoscritti e carte, quasi vergini, mescolati a mozziconi di matite, una pipa, foglietti sparsi, calendari, agendine, che attestavano le tracce, le piccole manie, i segni di una quotidianita’ privata. Un archivio della memoria eloquente e prezioso, in assenza dell’autore. Quando si trattò di decidere a chi lasciare le carte, quale "casa" destinare a Morselli, dopo una vita scarna di eventi, ma ricca di pensieri, insieme ai familiari scegliemmo il Fondo manoscritti di Pavia, allora diretto da Maria Corti. Sono in ottime mani. Le carte sono consultate e valorizzate a dovere. Ma, se ancora fossi chiamata a esprimere un parere - per esempio nel caso di Aldo Buzzi, che talvolta ho la fortuna di incontrare nello stesso quatiere dove abitiamo, a Milano, mentre passeggia lento e mi sorride con gli occhi color mare - sceglierei un luogo d’acqua per il suo archivio (che conosco straordinario senza averlo mai visto, tante volte mi ha invitata, mi pentiro’ di non averlo fatto). Vicino alle sponde di un lago. Como? Puo’ darsi. Fa bene all’anima il contatto con l’acqua. Una casa per gli scrittori, presso la sponda di un lago. Perché no?

(* Direttore relazioni esterne Longanesi)

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