Se le cuoche diventano provette

È vero che si deve mettere il sale nelle meringhe? Risponde la gastronomia molecolare
Il fisico dell'Università dell'Insubria Dario Bressanini: «Chi cucina dovrebbe fare esperimenti»

"L’uomo è ciò che mangia", affermava il celebre filosofo ottocentesco Ludwig Feuerbach, intendendo che per pensare meglio dobbiamo alimentarci meglio. Nessuna meraviglia che gli scienziati abbiano da sempre applicato questa massima, indagando attraverso la scienza dell’alimentazione i processi produttivi dei cibi nel tentativo di perfezionarli, soprattutto da un punto di vista clinico-nutrizionale e negli ultimi due secoli, industriale.
Ma da almeno un ventennio esiste una nuova disciplina, denominata "gastronomia molecolare" dai suoi fondatori, il fisico ungherese Nicholas Kurti ed il chimico-fisico francese Hervé This (oggi massima autorità scientifica nel campo), e dedicata alla comprensione dei fenomeni chimici e fisici propri dei processi culinari che creano cibi ottimali, non più avallati così dalle sole conoscenze empiriche o tradizionali. Se nel 1969, a detta di Kurti, si poteva misurare la temperatura dell’atmosfera di Venere ma non si sapeva «cosa accade all’interno di un soufflé», oggi la gastronomia molecolare ha guadagnato una sua ribalta anche mediatica, grazie alla collaborazione tra scienziati e cuochi di fama, come quella tra This e Pierre Gagnaire in Francia e, in Italia, tra il fisico della materia Davide Cassi ed Ettore Bocchia, chef del Grand Hotel Villa Serbelloni di Bellagio.
A testimoniare la maturità della disciplina, una rubrica intitolata Pentole e provette viene regolarmente pubblicata su Le Scienze, prestigiosa rivista italiana di divulgazione scientifica, a cura del chimico-fisico Dario Bressanini, ricercatore del Dipartimento di Scienze Chimiche e Ambientali dell’Università dell’Insubria, sede di Como. Dal maggio 2007, Bressanini è titolare sul sito della rivista anche del blog Scienza in cucina, seguito e commentato da un vasto pubblico di appassionati. «A quella di gastronomia molecolare io preferisco la denominazione, per la mia attività (che poi è un hobby: mi occupo infatti di simulazioni Monte Carlo in meccanica quantistica), di "cucina scientifica" - dice Bressanini, accostatosi per necessità all’arte culinaria durante un soggiorno di studio a Berkeley - La cucina molecolare è infatti oggi vista come l’applicazione di principi scientifici per la creazione di piatti nuovi (famosissimi quelli dello chef spagnolo Ferran Adrià), che impiegano gelatine, schiume, o l’azoto liquido ad esempio per confezionare gelati. Per gastronomia molecolare si intende invece lo studio della buona cucina dal punto di vista scientifico».
La cucina è certamente un’attività complessa, che utilizza nelle diverse "regioni gastronomiche" del mondo i più svariati ingredienti, ed implica ai fini dell’esperienza gustativa diversi ambiti sensoriali: sapori, aromi, consistenza ed aspetto estetico. Fino a che punto ne comprendiamo processi e caratteristiche? «In realtà le nostre conoscenze, aromi a parte, sono piuttosto avanzate, specialmente per cucine poco elaborate come quella italiana - afferma Bressanini - Ad esempio, sappiamo che i sapori fondamentali sono cinque: dolce, salato, aspro, amaro (noti da sempre) e il cosiddetto ’umami’, caratteristico della cucina orientale, identificato solo nel 1908 dal chimico giapponese Ikeda e dovuto al glutammato, in occidente oggi per lo più usato come esaltatore di sapidità. Ben conosciuto è anche il comportamento delle sostanze principalmente impiegate in ambito culinario: proteine, carboidrati, zuccheri e grassi. Per quanto riguarda la consistenza ad esempio della carne, è nota da molto tempo la temperatura critica (circa 65-70 °C) al di sopra della quale le proteine della carne si degradano rendendo la pietanza immangiabile: una bistecca tenera va perciò cotta velocemente. Il rispetto dei tempi e delle temperature (è infatti la corretta applicazione del calore a governare le trasformazioni dei cibi) è in generale molto importante. Questo non vuol dire dover usare costantemente il termometro. A mio parere però chiunque cucini dovrebbe acquisire una mentalità scientifica facendo per suo conto piccoli esperimenti culinari, come quelli che riporto nel mio blog, senza fidarsi ciecamente delle ricette, magari approntate in base ad ingredienti ed attrezzature diversi da quelli oggi disponibili».

Sabina Falasconi

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