Un manoscritto per le strade di Beirut

Narrativa Francesco Brioschi Editore pubblica “Printed in Beirut” di Jabbour Douaihy: libro molto intenso. Un giovane scrittore alla disperata ricerca di riconoscimento si trova coinvolto in un intrigo internazionale

Scrivere è un atto d’amore, per questo Farid Abu Sha’ar non si separa mai dal suo manoscritto e ogni mattina si avvia per le strade di Beirut alla ricerca di un editore. Il giovane è bello e sicuro di sé: sa che il suo libro non può che stupire i lettori della sua città. “Printed in Beirut” di Jabbour Douaihy, tradotto da Elisabetta Bartuli (Francesco Brioschi Editore pag. 262, 18 euro) è un romanzo magico, ambientato nell’odierna, capitale del Libano devastata da terrorismo, povertà e cambiamento climatico.

Farid bussa alla porta di tante case editrici ma – come in Italia - nessuno vuole pubblicare un’opera prima, di un ragazzo poi. Nel nuovo millennio la cultura e la lettura non sono più così importanti, se ne può anche fare a meno; le persone hanno altri pensieri.

Correttore di bozze

L’aspirante scrittore è costretto ad accettare un lavoro, modesto ma pagato come correttore bozze presso la storica tipografia Karam. Ogni giorno porta con sé scaramanticamente le bozze del libro: è la sua vita, lo legge e rilegge in continuazione. Un pomeriggio, verso l’ora di chiusura della tipografia, Farid si accorge che il libro, il “suo libro” è scomparso e cade nella disperazione; lo cerca ovunque, sa di averlo lasciato sulla scrivania solo per pochi, chi può averlo rubato e nascosto. E lui avrà un’altra ragione per esistere? Non ci sono altre copie, non l’ha mai ricopiato.

Jabbour Douaihy consegna al lettore immagini vive e potenti, personaggi dalle mille sfumature e dalle tante ombre come la magnifica e inquieta Persefone, moglie del titolare della tipografia, nella sua bellezza greca e pura un desiderio di classicità e armonia che non riesce a soddisfare; forse per questo lancia sguardi divertiti e seducenti a Farid creandogli imbarazzi e suscitando l’ironia dei colleghi che lo chiamano “Professor Farid”.

Sofisticato ma inutile

La tipografia è all’avanguardia, la migliore di Beirut per questo il proprietario acquista una nuova macchina per la stampa, tutta la città ne parla; è definita “la Perla del Medio Oriente”. Ma perché un macchinario così sofisticato e costoso se nessuno legge più? Passato e presente si mescolano, l’autore racconta una Beirut ferita e fiera, le apparizioni dei vicoli e delle strade percorse dal protagonista, le realtà sociali e familiari, la nuova immigrazione, le “ragazze dell’Est” costrette a lasciare il proprio paese per mantenere la famiglia. Farid si confida con una triste donna moldava, in fondo entrambe hanno perso terreno, lei la Moldavia, lui il suo manoscritto. Improvvisamente il libro ricompare stampato perfettamente con antichi e raffinati caratteri arabi ma non si sa chi li ha composti.

Una trama senza cedimenti in cui Douaihy introduce l’ambiguità del suo Paese; quando le forze dell’ordine fanno irruzione nella tipografia alla ricerca di banconote false Farid si trova coinvolto in un intrigo internazionale. È giunta una nuova era.

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