Varzi, il rivale di Nuvolari: «Un pilota tra poesia e matematica»

Il personaggio Lo scrittore e attore Davide da Fidel ha messo in scena uno spettacolo dedicato al rivale di Nuvolari. «Tazio viveva oltre il limite. Lui invece guidava “pulito”: restava indietro e alla fine sferrava l’attacco decisivo»

Le signore portano il cappellino per il sole, già caldo, e lo scialletto per il vento dal mare. I signori la visiera e gli occhiali, quelli buoni per l’occasione, che è speciale.

Monaco aprile 1933, l’Alfa di Nuvolari ha già battuto la Bugatti di Varzi parecchie volte quest’anno, ma nel principato la potenza dell’Alfa potrebbe non fare la differenza. E la Bugatti di Varzi, la Bugattina, in quelle curve si muove bene, ci si aspetta uno scontro alla pari, il pubblico si attende scintille.

“Il Signore di Galliate” è uno spettacolo, tra il documentario e la rappresentazione teatrale, che racconta le gesta di Achille Varzi. Il progetto è firmato da Davide da Fidel, attore, scrittore e scultore di Mariano Comense. Tutto inizia davanti alla bancarella di libri usati di un mercatino, dove l’artista acquista per un euro un volume su Tazio Nuvolari. «L’idea era di scrivere una storia su Nuvolari, ma informandomi su di lui, è uscita forte e netta la presenza costante di un altro che sembrava lì solo per far vedere quanto Nuvolari fosse forte: Achille Varzi. L’Achille».

Lo scrittore ha conosciuto così quello che è il mito più dimenticato dell’automobilismo, un pilota vincente, fortissimo «che siede nell’olimpo, ma è l’unico caduto nell’oblio di questa categoria di esseri speciali che hanno saputo portare il motore dove non era mai arrivato, un pioniere, assolutamente fuori dal suo tempo. Guidava pulito nell’epoca in cui tutti spazzolavano, dove non c’era ancora differenza tra rally e corsa, ma Varzi aveva già messo la macchina sui binari, come se guidasse oggi, con la telemetria. Ed essere così avanti, con le prime auto da corsa della storia, solo Varzi». In questo viaggio alla scoperta dell’Achille, Davide da Fidel ha capito per prima cosa che Varzi è un pilota per pochi. «Ma quando vai nell’ambiente delle corse e dici che vorresti scrivere una storia su di lui, ti rispondono “Ah l’Achille”. Appena lo nomini si materializza e c’è un motivo per cui ogni appassionato si affeziona a lui, perché la sua è una storia che, nonostante sia un personaggio misurato, è piena di iperboli ed esagerazioni. Un tormentato l’Achille, classe infinita e un carattere molto difficile, uno preciso, un uomo dalle strane manie». Figura chiave nella stesura dello spettacolo, è quella del “varzista incazzato”, un ex medico ed ex pilota, vincitore di una Targa Florio, che con i suoi racconti ha colorato il testo di curiosità ed emozioni che nei libri e nelle cronache dell’epoca non si trovano.

La tecnica dell’Achille era innata, era in grado di sentire e capire la macchina quando affrontava le curve in modo completamente diverso da Nuvolari che le buttava a tutto cuore, Varzi aveva il metodo, la ragione, la razionalità. «Tazio viveva oltre il limite, sempre. L’Achille invece il limite lo conosceva benissimo e lo superava solo quando gli serviva». Partendo da due storie totalmente diverse, questi due campioni incrociano le ruote a duecento all’ora in fondo al rettilineo, e molte volte la spunta l’Achille.

Glaciale e inesorabile, solo quando per la vittima non c’era più niente da fare, si lanciava all’attacco, una volta sola, decisiva

«Vinceva sempre all’ultimo secondo, per tutta la gara rimaneva dietro. Dalla rivisitazione di un pezzo di Giovanni Canestrini, riadattato per lo spettacolo: “Di fronte a un avversario Varzi non lo seminava subito. Preferiva piuttosto tallonarlo pazientemente, allo scopo di controllarne le traiettorie e le incertezze. Poi: glaciale e inesorabile, solo quando per la vittima non c’era più niente da fare, si lanciava all’attacco, una volta sola, decisiva”».

Quando usciva dall’ultima curva ed era secondo, il pubblico sapeva che avrebbe vinto, bisognava solo vedere come. Varzi e Nuvolari erano come Coppi e Bartali, due rivali, due fuoriclasse, due amici in senso cavalleresco. Avrebbero fatto di tutto per vincere l’uno sull’altro ma non si sarebbero mai sbattuti fuori dalla pista, uscire significava morire. Sulla stampa si raccontano come nemici opposti, antagonisti. Per il fascismo era importante che il pubblico si concentrasse sulle rivalità, ma in realtà erano più simili di quanto si possa pensare. «Nuvolari fu più bravo a gestirsi i media, il regime, la fama, mentre Varzi non aveva tifosi ma moltitudini di ammiratori. Nuvolari scaldava gli animi, Varzi l’intelletto. Essere un pilota pulito è parte della sua condanna all’oblio. Sarebbe bastato un sorpasso avventato per far scattare la scintilla nel pubblico, non lo fece mai».

Il primo luglio del 1948 a Berna, nel corso delle prove del Gran premio di Svizzera, Varzi perse il controllo della sua Alfetta e morì sul colpo a pochi metri da dove si spense anche il pilota della Moto Guzzi, Omobono Tenni. La macchina tornò ai box sulle sue ruote, se l’Achille avesse avuto il casco non sarebbe morto, ma al tempo si usavano la cuffietta e gli occhiali. Il suo corpo esanime, venne portato via in cariola, “the show must go on” era già una regola spietata.

Torniamo a Monaco nell’aprile del 1933. Nuvolari spinge sempre e Varzi, appiccicato, ascoltando i motori dell’Alfa e della Bugatti, calcola e scommette che l’avversario spingerà sul finale, alla salita del Casinò. Il motore di Varzi cantava meglio, non mette la quarta e tira la terza, il grande Tazio non riuscirà a tenere quell’attacco e spaccherà il motore. «L’Achille è poesia, la sua vita è un ossimoro, è talmente concreto da essere poetico, la vittoria all’ultimo secondo, il calcolo estremo, nell’Achille la matematica incontra la poesia».

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