Volta, amore e famiglia:
una lettera inedita

Presentata a Milano una missiva scritta dal fisico comasco, professore a Pavia, al fratello che risiedeva a Como. Si intuisce la riappacificazione dopo la crisi seguita all'amore per la cantante lirica Marianna Paris

Attruppamenti» di studenti la notte, temporali e grandinate che rinfrescano dai primi caldi dell’estate, preparativi per la festa di Pentecoste, dettagli di vita privata e famigliare. Sono alcune delle notazioni che emergono da una lettera inedita del genio comasco Alessandro Volta inventore della pila (1745-1827), venuta da poco alla luce per merito di un archivista della Biblioteca Bonetta di Pavia, Giovanni Zaffignani. La lettera è stata presentata in anteprima lo scorso 12 giugno all’Istituto Lombardo di Milano da Paolo Mazzarello, docente di Storia della medicina all’Università di Pavia.
Datato 14 maggio 1804 e indirizzato al fratello Luigi, arcidiacono di Como, l’inedito è ricco di notazioni curiose, legate soprattutto alla vita quotidiana dello scienziato e alle cronache dell’epoca. Volta si sofferma sul tempo bello, «rinfrescato per alcuni temporali e qualche grandine», fa riferimento ai preparativi per la festa di Pentecoste, sottolinea come per l’occasione a Pavia siano attesi molti «forastieri», anche se, aggiunge, da Como ne arriveranno pochi al di là di una sparuta comitiva rappresentata da don Antonio Porta e da sua figlia Odescalchi. I nomi sono quelli dei salotti colti e intellettuali dell’epoca, assiduamente frequentati da Volta, e non manca nemmeno un riferimento all’Istituto Lombardo, del quale lo scienziato era stato nominato membro da Napoleone Bonaparte nel 1802: Volta fa riferimento a un incontro previsto a Bologna (prima sede dell’Istituto), al quale tuttavia non intende partecipare temendo, nel viaggio, di soffrire troppo il clima ardente dell’estate.
Lo stile è informale (come si addice a una lettera a un parente stretto) e tra le righe appare particolarmente curioso il riferimento ad alcuni «attruppamenti di studenti», che affollano di notte le strade di Pavia. Volta nota che sono diminuiti, ma auspica che smettano del tutto «senza che si abbia da venire a dei passi forti e a conseguenze disgustose». Letta così, la frase appare di difficile interpretazione, ma l’analisi di altri documenti dell’epoca permette di spiegare meglio il contesto, riportando alla luce una vicenda di violenza e disagio, non tanto diversa da quelle che si leggono nelle cronache giornalistiche di questi giorni. Spiega Mazzarello: «Insieme a Giovanni Zaffignani, ho collegato questa notazione con alcuni episodi raccontati in un diario inedito di Vincenzo Favalli sulle vicende pavesi del tempo. Dalle cronache emerge la presenza in città di giovani briganti, che di notte avevano l’abitudine di prendere a bastonate tutte le persone che incontravano, ferendo uomini, donne, anziani. E così gli studenti si vendicavano andando a scovare i briganti per poi denunciarli all’autorità giudiziaria. Negli elenchi degli avvisi del comune di Pavia si ritrova l’eco di questi episodi, con l’esortazione dell’autorità pubblica a evitare vendette personali». Quasi una guerra tra gang urbane ante-litteram. Fuori da riferimenti alla cronaca nera dell’epoca, tuttavia, la lettera appare interessante anche perché, implicitamente suggerisce la ritrovata armonia tra lo scienziato e il fratello arcidiacono, dopo il burrascoso e combattuto amore che Volta visse per la cantante d’opera Marianna Paris (dal 1788 al 1792, prima di sposarsi con Teresa Peregrini nel 1794, all’età di 49 anni, ndr), e al quale Mazzarello ha dedicato una dettagliata ricostruzione, di prossima pubblicazione per l’editore Bollati Boringhieri.
«Volta – spiega lo studioso - era un grande protagonista dei salotti pavesi, comaschi e milanesi. Amico di Clementina Botta Adorno, moglie di Alessandro, uno de nobili più importanti di Pavia, era un maestro dell’intrattenimento colto e divertente nella società della conversazione settecentesca. Molte giovani donne lo avrebbero sposato volentieri, nonostante l’età avanzata, ma gli faceva orrore il matrimonio, temeva l’incostanza del suo carattere. Alla fine, tuttavia, si innamorò della persona più problematica: una cantante d’opera, all’epoca considerata alla stregua di una cortigiana, quasi una prostituta». Una vera storia d’amore, che si scontrò con i pregiudizi e l’ipocrisia della borghesia provinciale, con l’opposizione inflessibile del fratello arcidiacono e con la volontà del governatore di Milano, che fece capire ad Alessandro Volta come un matrimonio di quel genere sarebbe stato disdicevole per un professore.

Ma ecco il testo della lettera:

Pavia, 14 maggio 1804

Car.mo fratello,
ho ricevuto al solito questa mattina la vostra lettera dei 12, alla quale fo breve risposta essendo ritornato a casa dal solito passeggio dopo le ore 18 di sera. L’essere così tardi fa che non posso per questo ordinario scrivere al Bellatti di far passare le L. 360 a Donna Marietta in casa Canzi, come desidera mia moglie (...). Si discorre molto delle feste e spettacoli che si stanno preparando per la Pentecoste e se n’è pubblicato il prospetto in Italiano e in Francese. S’aspettano molti forastieri; ma di Como non so se verranno altri, oltre la comitiva di don Antonio Porta, e sua figlia Odescalchi. Se foste venuto a Milano approfittando del cortese invito del Conte Rossini, avreste potuto far voi una corsa qua’, e indurre fors’anche esso Rossini con sua moglie, e Donna Teresa Turconi ad una tal gita. Chiudo la lettera di fretta per non trovar chiusa la posta; e salutandovi tutti di casa, sono Vostro Aff. mo Fratello, Alessandro. Al Cittadino Arcidiacono Luigi Volta - Como

Alessio Conca

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