Como: vaccini dimezzati
e stop per 15 giorni: «Solo i richiami»

La campagna L’ultima fornitura è di sole 2.300 dosi. Ats dà la precedenza a chi deve fare la seconda iniezione. La bozza del piano: da marzo tocca alla fascia 60-80 anni

Si ferma la campagna vaccinale. Le dosi del vaccino Pfizer arrivate ieri al Sant’Anna, 2.340, sono la metà di quanto preventivato inizialmente. La struttura commissariale ha annunciato altri ritardi e altri tagli anche nelle prossime consegne. Perciò almeno fino a fine mese l’Asst Lariana si concentrerà soltanto sui richiami, le seconde dosi da inoculare agli operatori sanitari pubblici e accreditati, ai medici di famiglia e agli anziani delle case di riposo che hanno già ricevuto la prima vaccinazione tre settimane prima.

Proseguire ancora con nuove vaccinazioni significherebbe infatti rischiare di annullare l’efficacia di quelle già fatte se non dovessero nel mentre arrivare altre forniture consistenti, tali da garantire a tutti il richiamo.

Ad oggi il territorio comasco ha ricevuto 16.430 dosi sulle 18.720 preventivate. Con 5.801 dosi accantonate l’ex azienda ospedaliera ha fatto sapere che potrà coprire i richiami programmati fino ai primi di febbraio.

Certo c’è chi aspetta ancora la prima somministrazione, perché non tutti i soggetti inclusi nella “fase uno” hanno già ricevuto il vaccino. Per esempio buona parte delle Rsa. Dopo l’Epifania sono partite le vaccinazioni a Le Camelie, in via Brambilla, alla Bellaria di Appiano e nella casa di riposo di Sala Comacina. Questa settimana sono arrivate le prime dosi alle Rsa di Albese con Cassano, Bellagio, Menaggio, Dizzasco, Val d’Intelvi.

Ma sono una dozzina di strutture sulle 52 totali presenti nel nostro territorio. Quasi tutte le residenze per anziani ancora senza vaccini, dalla città di Como a Erba passando per Lomazzo, sono pronte per iniziare ed hanno ricevuto le istruzioni e la formazione necessaria.

L’attesa nelle Rsa

I direttori aspettano a giorni l’arrivo delle dosi, ragionevolmente, spiegano, dalla prossima settimana. Anche molti medici liberi professionisti e odontoiatri aspettano fiduciosi. Sempre se le forniture in arrivo al Sant’Anna saranno sufficienti per tutti.

Nel frattempo l’Ats Insubria ha consegnato alla Regione un piano per organizzare la prossima fase della campagna vaccinale anti Covid. Ieri mattina l’agenzia per la tutela della salute ha discusso i prossimi passi da fare insieme agli ospedali, Asst Lariana compresa.

Le ipotesi aperte sono più d’una in base alle scelte che poi le autorità politiche regionali e governative dovranno fare. Concluse le vaccinazioni sui sanitari e sulle Rsa, in base alla disponibilità dei nuovi vaccini in arrivo (Moderna ed AstraZeneca che non necessitano di speciali freezer), attraverso i medici di famiglia si cercherà di vaccinare la popolazione anziana, partendo dagli “over 80” per poi coprire tutta la fascia “over 60”.

Il ruolo dei medici di base

Le situazioni di fragilità dovranno essere gestite dai medici, eventualmente anche a domicilio. Perché secondo i vertici di Ats è difficile pensare che malati cronici con tanti anni sulle spalle possano recarsi nei grandi centri vaccinali e negli ospedali. È più facile la gestione diretta delle patologie pregresse, del consenso informato, conoscendo direttamente gli assistiti senza prenotazioni online fai da te. Per i cittadini più giovani invece, in età lavorativa, diciamo dai 16 anni fino appunto ai 60, ci sarà dalla primavera un sistema di prenotazione online con vari documenti e dichiarazioni caricate. Impossibile chiamare uno per uno al telefono. Verranno vaccinati in hub organizzati appositamente. Nei prossimi giorni i referenti dell’Ats Insubria e dell’Asst Lariana faranno dei sopralluoghi per individuare i luoghi più adatti. Le ipotesi sono due. Un grande centro per ciascuna provincia - e così fosse sul fronte varesino sembra sicuro l’impiego di Malpensa, mentre sul fronte comasco c’è incertezza su Lariofiere oppure sulla caserma de Cristoforis, ma non sono escluse altre possibilità. Oppure l’alternativa è allestire tanti piccoli centri vaccinali, uno ogni 40mila abitanti. Dunque una quindicina sul territorio della nostra provincia.

Ma questa seconda strada, sempre secondo l’Ats, è più complicata, perché serve più personale e perché è difficile attrezzare ogni punto con frigo e freezer, mentre al contrario un grande centro potrebbe avere più strumenti, anche per esempio per maneggiare i delicati vaccini Pfizer.

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