Coronavirus, in quarantena 240 persone
«Due lunghe settimane di angoscia»

Le figlie di un paziente risultato positivo costrette a evitare contatti per non rischiare di contagiare: «Io e le mie sorelle segregate in casa, ci lasciavano la spesa sulle scale»

Ci sono 240 persone in provincia di Como alle quali è stata prescritta la quarantena, nell’ambito delle conseguenze o della prevenzione da coronavirus.

Ma come si vive in quarantena? Quali sono le regole da osservare?

Lo abbiamo chiesto a Federica, una donna di Como che ha dovuto osservare la quarantena dopo che il padre era stato ricoverato a causa del virus.

Che è successo poi? «Una volta risultato positivo il tampone a mio padre, siamo state messe in quarantena io e le mie sorelle, poiché avevamo avuto contatti stretti con papà, anche nei giorni in cui era febbricitante a casa, senza sapere che si trattava di coronavirus».

Che succede a quel punto? «Che ognuno si regola come può. Nel nostro caso, per evitare di contagiare le nostre famiglie, abbiamo deciso di passare il periodo di quarantena nella casa di nostro padre. Se invece devi condividere questa cosa con i tuoi familiari, la faccenda si fa più complicata. Comunque, da quel momento siamo state segregate in casa, senza nessun contatto con l’esterno per 14 giorni».

Come si vive? «L’importante è avere qualche soldo nel portafogli per gestire la prima necessità, perché non puoi andare certo a prelevare. Per la spesa ti devi affidare a persone vicine a te, amici che nel nostro caso andavano ad acquistare le cose di prima necessità e che ci lasciavano in fondo alla scala. Ogni giorno ricevevamo la telefonata della Ats, la Azienda Sanitaria Locale per sapere se nel frattempo era sopraggiunta la febbre. Per fortuna il nostro è stato un isolamento senza complicazioni sanitarie».

Inutile, in questo caso, parlare di noia o di passatempi. «Questo è un problema di chi è messo in quarantena per motivi precauzionali e basta, non per noi che avevamo papà ricoverato. Altro che noia, per noi sono state giornate di angoscia, soprattutto nella prima settimana perché sentivamo papà molto provato. Per fortuna abbiamo avuto la prontezza, nei momenti concitati del ricovero, di consegnargli il suo cellulare e soprattutto il caricatore. Perché, al di là della quarantena, l’impossibilità di contattare il parente malato è un aspetto accessorio, certo, ma che cresce lo stato di precarietà emotiva e di incertezza».

«Nella seconda settimana è andata meglio - prosegue la donna - Comunque le regole di chi è in quarantena, nello stesso appartamento, sono complesse. Bisogna dormire in camere separate, mangiare separatamente, utilizzare bagni diversi. E anche adesso che è tornato a casa papà, pur essendo usciti tutti dalla quarantena dovremo rispettare queste regole».

Panico da isolamento? «Panico magari no, ma una certa inquietudine nel pensare a quando saremmo uscite di nuovo di casa, un po’ sì. Come se ci fosse una specie di timore emotivo a fare questo passo».

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