Covid, in fin di vita infermiere del Valduce
Si è ammalato alla fine dell’epidemia

Si tratta di Javier Chunga, da decenni al lavoro all’ospedale cittadino. Le sue condizioni sono disperate, il fratello: «Non vogliamo che il suo sacrificio venga dimenticato»

La tragedia del Covid non è finita. Ce lo ricordano non solo i dati in crescita, per quanto lieve, dei contagi, o gli appelli degli specialisti, o le notizie che ci arrivano dal resto del mondo.

Non è finita perché c’è un uomo, un infermiere specializzato in area critica e rianimazione del Valduce, che sta lottando contro la morte al San Gerardo di Monza. Le sue condizioni sono disperate, è intubato dal 15 maggio e nei giorni scorsi è stata esclusa dai medici anche la possibilità di un trapianto di polmoni.

Si chiama Javier Chunga, ha 59 anni, è nato in Perù. Lavora al Valduce da oltre vent’anni. C’è una foto che lo ritrae, bardato con tuta, copricapo e visiera, nella corsia Covid del Valduce, l’abbiamo pubblicata noi de “La Provincia” il 19 aprile a corredo di un articolo che raccontava la vita di trincea di quegli eroi della sanità che tutti abbiamo imparato ad apprezzare e stimare, almeno fino a quando l’epica del Covid è andata per la maggiore.

Ed è contro questa minaccia di oblio che vuole combattere il fratello di Javier, l’unico parente che l’infermiere ha in Italia. Per lui, che ha poca dimestichezza con la nostra lingua, parla, da Treviso, il suo datore di lavoro e amico Silvano Vettor, che lo sta aiutando anche a cercare di capire cosa sia successo al fratello: «Javier insieme a tutto il personale sanitario ha lavorato con abnegazione durante il periodo del coronavirus. Proprio quando la pandemia stava rallentando il suo corso, è stato intubato nel suo reparto al Valduce, poco dopo essere stato trovato positivo al virus. Per una ventina di giorni è stato curato lì a Como, per essere poi trasferito al San Gerardo in Rianimazione. Le speranze che si riprenda ora sono minime, dopo tre mesi di ventilazione artificiale hanno provato a togliere il tubo ma sembra che abbia contratto anche il batterio killer che può proliferare nelle sale operatorie. Chiederemo le cartelle cliniche, per capire cosa è successo. Ma quello che ci preme è rendergli onore per questi tre mesi di calvario e perché sta per arrendersi a una malattia presa in servizio proprio quando l’emergenza era al termine. Nel paese di origine la famiglia in queste ultime settimane è già stata segnata da alcune dolorose perdite per il Covid. I familiari in Italia ed in Perù non si rassegnano al silenzio che ha avvolto la sua storia e di tutti coloro che tuttora soffrono».

«Javier si è ammalato in coda all’epidemia, a maggio - conferma per l’ospdale Valduce il dottor Mario Guidotti - inizialmente è stato trattato presso la struttura, poi vista la particolare gravità del suo caso è stato trasferito in un centro di livello tecnologico più avanzato. Siamo profondamente amareggiati perché si è ammalato e perché siamo consapevoli che la malattia ha preso una bruttissima piega, ma non smettiamo di sperare che possa riprendersi e di aggiungere le nostre preghiere a quelle dei familiari. Abbiamo particolare fiducia nella struttura che lo sta curando».

Barbara Faverio

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