Covid, l’esperto garantisce
«Vaccino utile e sicuro»

A poche settimane dalla partenza in Italia, sono molte le domande che animano il dibattito. Antonio Clavenna (istituto Mario Negri) scioglie molti dubbi e spiega come si è arrivati a questo risultato in tempi così brevi

Il vaccino è certamente il tassello fondamentale per sconfiggere il Covid, ma anche un tema che suscita molte domande. Ecco le risposte alle più ricorrenti grazie alla consulenza di Antonio Clavenna, responsabile dell’Unità di Farmacoepidemiologia dell’Istituto Mario Negri di Milano

1. Il primo vaccino che arriverà in Italia a gennaio – prodotto da Pfizer – è un vaccino a base di Rna. Come funziona?

«Iniziamo col dire che nei vaccini tradizionali viene somministrato il virus inattivato, vale a dire ucciso, oppure in una versione resa non aggressiva (attenuato), o – ancora – alcuni suoi componenti. Nel caso del vaccino a Rna, invece, viene somministrato l’Rna messaggero: si tratta di una molecola che contiene le informazioni necessarie affinchè il nostro organismo riesca a produrre autonomamente la proteina che forma la punta (spike) del coronavirus: è infatti la spike il bersaglio ideale contro il quale i nostri anticorpi si attivano, dal momento che è la componente che consente l’ingresso del virus nelle cellule. Attenzione alle fake news: l’Rna messaggero viene degradato dal nostro organismo dopo breve tempo, e non entra all’interno del nucleo delle nostre cellule, dove è presente il Dna. Non è quindi possibile che si verifichi un’alterazione dei nostri geni, come erroneamente sostenuto da alcuni».

2 Quella dell’Rna è una tecnica innovativa, mai usata prima. È sicura?

«È vero che è la prima volta che si utilizza un vaccino con questo tipo di approccio, ma è altrettanto vero che già da qualche anno sono in studio, anche nell’uomo, vaccini con questa tecnologia. Non solo: si tratta in ogni caso di una tecnologia studiata anche in altri ambiti, come per esempio nella terapia di alcuni tumori. Ci sono quindi anni di ricerche alle spalle, senza i quali non sarebbe stato possibile procedere così rapidamente con la sperimentazione nell’uomo. Inoltre, pur con tempi compressi, sono state seguite tutte le fasi di studio. E il numero di persone vaccinate durante la sperimentazione è simile a quello impiegato per l’introduzione in commercio di altri vaccini».

3 Perchè il vaccino richiede due dosi?

«Perchè la seconda dose aiuta ad aumentare la risposta del sistema immunitario, così da ottenere un livello più alto di anticorpi e un maggior numero di persone che rispondono al vaccino».

4 C’è la possibilità di effetti collaterali gravi e duraturi?

«Dai dati comunicati dall’azienda produttrice, la Pfizer, i casi classificati come gravi sono stati sensazione di stanchezza (4% dei casi) e cefalea (2%): episodi comunque di breve durata e che si sono risolti spontaneamente. Va comunque specificato che eventi molto rari difficilmente si osservano nel corso degli studi clinici: questo vale per tutti i vaccini e ancor più per i farmaci. Ecco perchè il sistema di farmacovigilanza, attivo sia durante che dopo la campagna di vaccinazione, è fondamentale per monitorare la sicurezza di farmaci e vaccini identificando tempestivamente eventuali segnali di allarme».

5 In genere la formulazione di un vaccino richiede anni. Come è stato possibile ridurre drasticamente i tempi?

«Per diversi motivi. Primo, la rapidità con cui è stato analizzato e reso pubblico il genoma del coronavirus. Secondo, l’esperienza maturata nello sviluppo di altri vaccini, che ha consentito di iniziare gli studi nell’uomo dopo soli due mesi. Inoltre, le tempistiche delle fasi degli studi sull’uomo sono state compresse: le fasi più avanzate (2 e 3) sono state pianificate prima che si concludesse la fase 1. Questo è stato possibile anche grazie ai contributi pubblici che hanno «ammortizzato» eventuali perdite per le aziende. Infine, le agenzie regolatorie, inclusa quella europea, hanno seguito in modo continuativo gli studi, fornendo un sostegno scientifico e valutando i risultati man mano che venivano forniti».

6 Il vaccino sarà disponibile solo quando l’autorità regolatoria europea, l’Ema - che si pronuncerà entro il 29 dicembre - avrà concesso l’autorizzazione. Che controlli svolge l’Ema prima di rilasciare il via libera?

«L’Ema valuterà sulla base dei dati forniti dall’azienda se il profilo benefici /rischi dal vaccino è favorevole. La valutazione terrà conto del fatto che i risultati disponibili sono stati prodotti nelle settimane immediatamente successive alla seconda dose del vaccino, e che sarà necessario attendere la conclusione degli studi di follow up per avere un quadro più attendibile dell’efficacia e della sicurezza».

7 Perché l’autorità regolatoria inglese ha già dato il nullaosta al vaccino Pfizer?

«A mio parere si tratta di una rapidità inusuale, probabilmente legata a una scelta prevalentemente politica per dimostrare i vantaggi della Brexit. Credo sia stata valutata, più che l’efficacia, la sicurezza del vaccino: gli esperti l’hanno considerata accettabile e hanno quindi dato il nullaosta all’uso in condizioni di emergenza, in attesa che vengano fornite ulteriori prove scientifiche. Attenzione: l’Ema deve tenere conto che l’approvazione sarà applicata a tutti i Paesi membri, mentre la valutazione dell’agenzia inglese riguarda una sola nazione. Comunque, non saranno poche settimane di differenza a cambiare l’impatto della campagna vaccinale. Al contrario, per noi potrebbe essere un vantaggio: potremo capire dall’esperienza del Regno Unito quali difficoltà presenta l’organizzazione della campagna vaccinale e come risolverle».

8 Chi ha contratto il Covid-19 può vaccinarsi o ci sono controindicazioni?

«Non lo sappiamo ancora, ma è improbabile che ci siano rischi nel vaccinarsi per chi ha già contratto il Covid-19. Da un punto di vista teorico potrebbe essere utile destinare le prime dosi dei vaccini a chi non è già immunizzato, ma dal punto di vista organizzativo questa strategia potrebbe risultare molto difficoltosa: vorrebbe dire effettuare un test sierologico prima della vaccinazione, per verificare ci siano ancora anticorpi».

9 In genere la risposta immunitaria scatenata dai vaccini è più forte di quella che il nostro organismo produce quando si infetta naturalmente?

«Dipende dal virus e dalla malattia, per Covid-19 ancora non sappiamo. In alcuni casi il vaccino conferisce una protezione che ha una durata più lunga di quella successiva all’infezione (per esempio la vaccinazione contro il tetano o la pertosse), in altre il vaccino garantisce una protezione simile, ma evita i rischi della malattia naturale».

10 Quanto a lungo si sarà protetti dopo aver fatto il vaccino contro Covid-19?

«È una domanda che non ha ancora risposta. Alcuni studi nei soggetti che hanno contratto la malattia hanno documentato la presenza di anticorpi per almeno sei mesi dopo l’infezione, ma i dati non sono conclusivi».

11 I bambini potranno vaccinarsi? E le donne incinte?

«No, per ora nessuno dei due. I dati sulla sicurezza e l’efficacia in età pediatrica sono limitati in tutti i vaccini in attesa di autorizzazione. Gli studi nei minori di 18 anni sono possibili se ci sono dati sufficienti nella popolazione adulta. Sono in corso o inizieranno a breve studi negli adolescenti, a partire dai 12 anni di età. Se avranno esito positivo, le sperimentazioni si estenderanno anche ai bambini».

12 Chi si vaccina è protetto dalla malattia. Ma potrà comunque contagiare?

«È un’altra delle domande ancora senza risposta. Non è possibile escluderlo. Solo con il tempo sarà possibile raccogliere dati per rispondere a questo quesito».

13 Quanto tempo servirà per raggiungere l’immunità di gregge?

«È molto difficile da prevedere, dipende da molti fattori, e non abbiamo dati sufficienti per poterlo stimare. Se la protezione garantita dal vaccino sarà di breve durata, sarà molto difficile riuscire a raggiungere l’immunità di comunità. In ogni caso, difficilmente sarà possibile vaccinare un’ampia fetta dalla popolazione italiana prima dell’estate 2021».

14 Raggiunta l’immunità, il virus sarà debellato per sempre?

«A mio parere, sarà improbabile che riusciremo a eradicare il virus. Finora è successo solo con il virus del vaiolo e potremmo riuscirci a breve con quello della poliomielite, ma per molti altri virus, per esempio il morbillo, non è stato possibile. Dipenderà anche dalla capacità di essere solidali con i Paesi a medio e basso reddito, garantendo anche a loro l’accesso ai vaccini. È però possibile che nell’arco di pochi anni le epidemie di Sars-CoV-2 saranno sempre più simili, come gravità, a quelle dell’influenza o del raffreddore».

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