Effetto Covid sul Lario
Più di trecento mamme
hanno lasciato il lavoro

Sono sempre più numerose le donne che si dimettono per prendersi cura della famiglia. Pochissimi invece gli uomini che fanno la stessa scelta

Le dimissioni per prendersi cura dei figli stanno crescendo, almeno per le donne. L’emergenza Covid ha mostrato con ulteriore drammaticità come il peso delle famiglie ricada in gran parte sulle spalle delle madri: almeno trecento hanno detto addio alla loro azienda, non riuscendo a gestire i bambini. Ulteriore conferma dall’analisi dell’età: lasciano soprattutto le giovani tra i 29 e i 34 anni.

Il recesso

È quanto emerge nel rapporto sulle dimissioni volontarie - i cosiddetti recessi - nelle aziende del Lario, messo a punto dall’Ispettorato territoriale del Lavoro di Como e Lecco.

Una conferma di come questi mesi senza scuola abbiano avuto un impatto pesante sulle famiglie comasche e lecchesi. E a rinunciare a un’occupazione è stata quasi sempre la donna. Si contano sulle dita di una mano i padri che hanno preso una decisione altrettanto dolorosa.

Già nel 2019 il trend era avviato, ma si è accentuato in questi mesi: i dati sono infatti aggiornati a martedì. L’anno scorso le dimissioni erano state 1.278, con una certa prevalenza femminile: 781 donne, 497 maschi. Questo disequilibrio si rafforzava esaminando le motivazioni. Quella più diffusa è il passaggio ad un’altra azienda, quindi un miglioramento lavorativo, che tocca oltre 600 persone: la maggioranza però è composta da uomini, 436, in questo caso.

Schiacciante il ribaltamento considerando il problema di gestire i propri figli per via dell’inadeguatezza dei servizi a disposizione: 428 mamme contro 4 papà. Segue la medesima difficoltà, ma imputata all’azienda: 210 femmine, 6 maschi. Va segnalato che nel dare le dimissioni i lavoratori possono anche indicare più ragioni, ecco perché non si può segnalare la cifra esatta di chi ha compiuto il delicatissimo passo per un motivo piuttosto che per un altro. Questo peraltro riporta come più situazioni di disagio siano intrecciate: da una parte la mamma non ha un aiuto in famiglia, magari in assenza dei nonni (forzata poi nel periodo del Covid), e anche i servizi a disposizione dei bimbi non sono in grado di dare una risposta alla famiglia. Dall’altra, non sempre in azienda si riescono a offrire formule di conciliazione come lo smart working. Ma anche quest’ultimo non è sempre la risposta più efficace, a giudicare dai dati successivi.

Come si cambia

Che cosa succede infatti nel luglio del 2020? Le dimissioni complessivamente sono 509, quindi non c’è stato un boom. L’addio deciso per la carriera è tuttavia comprensibilmente crollato: 200 casi in tutti, con la prevalenza maschile sempre (122). Al secondo posto, però, si piazza la difficoltà di conciliare figli e lavoro nella propria azienda: su 168 persone che hanno indicato questa motivazione, 166 sono donne. Anche più schiacciante la situazione sulla terza ragione citata, ovvero il problema dei figli ma legato all’inadeguatezza dei servizi di cura: qui siamo 161 a uno.

Non meno implacabile l’identikit che esce in termini anagrafici. Nel 2019, la fascia femminile più rappresentata nei recessi era quella tra i 34 e 44 anni: 295 casi, una sessantina in più degli uomini, a loro volta primi in questa casistica.

Nel 2020 resta questa la categoria più rappresentata, ma grazie ai maschi. Per le donne, le dimissioni si sono rese necessarie soprattutto tra i 29 e i 34 anni, momento in cui più facilmente bisogna prendersi cura dei piccoli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA