Garattini: «Seconda ondata del virus?
Dipende da noi, serve molta prudenza»

Lo scienziato e farmacologo di fama mondiale ospite via web della serata Ucid - «Tanti virologi sui mass media, ma le novità sono poche. La vera soluzione sarà il vaccino»

Como

La seconda ondata? «Dipende da noi». Silvio Garattini, scienziato e farmacologo di fama mondiale già fondatore dell’Istituto Mario Negri, ospite giovedì sera dell’Unione cristiana imprenditori di Como si è soffermato prima sui temi della sanità italiana e poi sulla più stretta cronaca legata all’epidemia.

«Qualcuno ha detto che l’emergenza Covid ci ha riportato al 1946 – ha raccontato Garattini nell’incontro avvenuto in modo virtuale – molti commentatori però in quell’anno non c’erano. Io invece sì. A quel tempo c’era una grande voglia di ricominciare, una forte volontà di investire per tornare a crescere. La situazione era assai più grave rispetto ad oggi. Si faceva la fame, si faceva la coda per cento grammi di farina al giorno piena di paglia e la notte ci si alzava d’improvviso per l’allarme bombe. Il sacrificio del lockdown ha portato semmai la gente ad aumentare di peso. Spetta credo ai giovani adesso ritrovare quel lontano spirito capace di ricostruire». Perché un po’ di macerie il Covid le ha lasciate e non è detto che sia finita. Finita l’estate il virus tornerà davvero? Virologi ed esperti sono divisi, spesso litigiosi. «L’eccesso di presenza sui mass media comporta di dover sempre dire qualcosa di nuovo – ha spiegato Garattini – ma sul virus di nuovo c’è poco. Non ci sono per ora delle verità, bensì soltanto delle ipotesi. E così molti cercano di indovinare, rinunciando ad una informazione credibile e scientifica e anzi rischiando di essere pericolosi. Senza fare gli indovini sulla possibilità che arrivi una seconda ondata si può dire che fondamentalmente dipende da noi. Nell’incertezza dobbiamo comprendere che la maggiore libertà nuovamente ritrovata non può essere totale, la ripresa deve essere graduale e prudente. Se usiamo la mascherina, se teniamo la distanza, se badiamo all’igiene ed evitiamo gli affollamenti allora avremo buone speranze di evitare il ritorno del contagio. Se al contrario facciamo ciò che ci pare e non ci curiamo della salute collettiva allora il virus avrà più spazio».

Nel frattempo, però, la medicina ha fatto grandi passi avanti, ha placato la virulenza della malattia con nuove cure, nuovi farmaci, adesso siamo più attenti e preparati. Centinaia di brillanti ricercatori al mondo stanno poi lavorando al nuovo vaccino. «Se arriverà il vaccino sarà di certo la soluzione al problema – ha detto lo scienziato – e questo cammino può essere guardato con ottimismo perché le migliori menti sono al lavoro per arrivare alla meta in tempi comunque più o meno lunghi».

E ancora: «Attualmente otto proposte hanno superato la prima sperimentazione. Poi però bisognerà testare la tollerabilità sull’uomo. Non potremo certo accettare livelli importanti di tossicità, anche se la controindicazione riguardasse solo un caso su mille. Il beneficio infatti deve essere commisurato a miliardi di persone sane che si sottoporranno al vaccino. Per fine anno avremo un’idea sulla disponibilità del vaccino, che non vuol dire che sarà già somministrabile. Non possiamo comunque aspettare l’ultimo momento, in ragione della concorrenza tra le nazioni, della disponibilità delle dosi e dei costi. Il nostro Paese deve muoversi subito, deve portare entro i confini le produzioni. Perché chi arriva alla fine rischia di non avere niente».

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