La foto simbolo della pandemia
Sono in tanti sul tetto di quell’auto

Como: la figlia sul tetto dell’auto che tenta di salutare la mamma ricoverata in un reparto Covid del Valduce

Sono in tanti sul tetto di quell’auto. La fotografia che pubblichiamo mostra una sola persona, ma idealmente ce ne sono migliaia.

L’immagine, pubblicata sui social da Salvatore Amura, mostra un gesto tanto struggente quanto tenero. Una figlia che cerca la madre. Vuole vederla, anche da lontano, anche solo per un istante, attraverso un vetro. Vuole incrociarne lo sguardo, magari dirle qualcosa a gesti.

Scattata all’esterno dell’ospedale Valduce, la foto sintetizza meglio di tante parole uno degli effetti tragici della pandemia: l’impossibilità di far visita ai propri cari in una struttura ospedaliera o in casa di riposo. Che siano ricoverati per Covid o per altre patologie gravi, non cambia, non si può entrare.

Una situazione dettata da comprensibili esigenze di sicurezza - bisogna tutelare chi è malato, gli stessi operatori sanitari, oltre ai potenziali visitatori - ma pesantissima per chi si trova ad affrontarla.

Ci si affida alle telefonate, se il paziente è in grado di farle, oppure alle videochiamate, divenute ormai una costante soprattutto nei reparti Covid.

Benedetta tecnologia, anche se - non è certo retorica - lo schermo di un tablet è cosa ben diversa da un abbraccio o dalla presenza fisica, accanto al letto.

L’altro aiuto, enorme, può venire proprio dal personale che lavora in corsia. I pazienti sono nelle loro mani in epoche “normali” e lo sono a maggior ragione in tempi di Covid. A medici, infermieri e operatori tutti spetta oggi non solo il compito gravoso e sfiancante di curare i corpi in lotta con una malattia infame e ancora poco conosciuta, ma anche quello di supportare da un punto di vista psicologico le persone ricoverate. Incoraggiarle, non farle sentire sole, offrire conforto in mezzo a giornate che sembrano non finire mai. Sappiamo che chi lavora in un ospedale o una Rsa ha ben chiaro tutto questo e non si tira indietro. Ma la donna sul tetto di quell’auto, nella Como del maledetto 2020, sembra dire: fatelo davvero, fatelo tutti, fatelo ancora di più. Dovete diventare “noi”, per quanto possibile. Perché noi non possiamo esserci, fisicamente.

E se il familiare di un paziente chiama in reparto una volta di più, magari senza un reale motivo, per essere rassicurato, solo per sentirsi dire che non è cambiato niente, o per mandare un saluto, abbiate la pazienza di ascoltarlo sempre.

Sforzarsi di pensare «tanto sa che gli vogliamo bene» non basta. Ecco perché sul tetto di quell’auto, fuori dall’ospedale Valduce, c’è una figlia che vuole ad ogni costo intravedere la madre, farsi riconoscere.

«Capita spesso che cerchino di salutare i propri cari dalla strada, anche per ore, senza successo», racconta l’autore di questa fotografia. «Speriamo che tutto questo finisca presto», aggiunge.

Nel frattempo, sul tetto di quell’auto bianca, sono in tanti. Siamo in tanti.

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