L’arma, il sopralluogo e la data del delitto
Il killer di don Roberto l’ha premeditato

La Procura formalizza la richiesta di rinvio a giudizio per il killer del sacerdote - Dal capo d’accusa inevitabile il processo: si va in aula forse già entro il prossimo autunno

Como

L’arma del delitto acquistata mesi prima. Il sopralluogo per cercare di farla pagare prima ai suoi avvocati, quindi al sacerdote che non gli aveva mai negato una mano. Infine la scelta del giorno del delitto: il 15 settembre. La stessa data in cui era fissata l’udienza davanti al giudice di pace per discutere della sua espulsione dall’Italia.

Sono questi i motivi principali che hanno spinto il pubblico ministero Massimo Astori a contestare a Ridha Mahmoudi, il killer di don Roberto Malgesini, la premeditazione. E a formalizzare la richiesta di rinvio a giudizio che potrebbe portare, forse già entro il prossimo autunno, a discutere il caso in corte d’Assise.

Il capo d’accusa con il quale la Procura ha chiesto il processo per il tunisino, 53 anni dei quali più della metà vissuti in Italia, non sembra lasciare (Codice alla mano) molti spazi di manovra che a un’unica soluzione: il rinvio a giudizio, il processo in aula, e una pena all’ergastolo.

La formalizzazione delle accuse e del passaggio di Mahmoudi dal ruolo di indagato a quello di imputato, è stata presa nei giorni immediatamente successivi l’interrogatorio - un monologo spesso del tutto incomprensibile da parte dell’assassino di don Roberto - chiesto subito dopo l’avviso della chiusura delle indagini preliminari. Nel corso del faccia a faccia, avvenuto attraverso il web, con il pubblico ministero, Mahmoudi non ha praticamente mai nominato con Malgesini né l’omicidio, ma avrebbe continuato a ritenersi lui stesso vittima di un complotto ordito dall’ex prefetto e dalla polizia ai suoi danni per cacciarlo dall’Italia.

Ritenuto perfettamente capace di intendere e di volere dal consulente della Procura, il killer è accusato di aver premeditato il delitto innanzitutto per aver acquistato, già mesi prima l’omicidio, il coltello (con una lama lunga 22 centimetri) che ha utilizzato per togliere la vita a don Roberto. Quindi perché, armato di coltello, ha girato per un paio di giorni in città e attorno al palazzo di giustizia per dare la caccia all’avvocato Vittorio Rusconi, suo legale scampato alle ire dell’assassino perché Mahmoudi non è riuscito a trovarlo. Quindi per aver deciso di spostare la sua ira su don Roberto, cercato già il giorno prima dell’aggressione mortale ma ucciso la mattina dopo per far coincidere il delitto con la data dell’udienza davanti al giudice di pace nella quale lo stesso Mahmoudi era imputato. Data, quella del 15 settembre, che l’uomo nato a Bousalem, in Tunisia, aveva inserito in un memoriale di sette pagine scritto già nel gennaio 2020 per denunciare le persecuzioni di cui, a suo dire, sarebbe stato vittima da parte delle istituzioni.

A rendere il delitto ancora più atroce, oltre le modalità e la ferocia con cui si è accanito sulla vittima, una circostanza raccontata dallo stesso Mahmoudi: quella mattina aveva avvicinato don Malgesini con la scusa di soffrire di mal di denti, ricevendo la promessa di accompagnarlo in ospedale subito dopo il giro delle colazioni. Il sacerdote non fece a tempo a distribuirle, quella mattina: venne aggredito di spalle e accoltellato a morte.
P.Mor.

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