Letizia Moratti in corsa per le elezioni Europee: «Serve un’Europa vicina ai cittadini»

L’intervista Candidata alle Europee per Forza Italia, già ministro, presidente della Rai, sindaco di Milano e assessore in Regione: «Forza Italia e Ppe: noi i veri moderati»

Presidente della Rai, ministro dell’Istruzione, sindaco di Milano, assessore regionale al Welfare. Poi candidata alla guida della Regione con il Terzo Polo. Ora il ritorno in Forza Italia e la candidatura alle Europee: a Letizia Moratti certo non manca la passione per la politica. Sempre ancorata al mondo moderato e liberale.

Proprio il mondo centrista, responsabile, che si occupa di professioni e di aziende, fatica a trovare un baricentro politico-elettorale. Non si riconosce negli estremismi, né a sinistra né a destra, e fatica a trovare una “casa politica”. Condivide?

C’è stata una stagione in cui il pensiero liberale e popolare ha faticato. Anche il quadro politico internazionale ha pesato. Una Cina che ha saputo coniugare il successo economico con un regime dittatoriale. Una Russia che, con un revanscismo che l’ha portata ad azioni militari, vuole affermare la propria egemonia anche sull’Europa dell’est. Il quadro internazionale rappresentava una polarizzazione e anche noi in Italia siamo stati in questa corrente. Credo però che quello attuale sia un momento profondamente diverso.

Perché?

La situazione geopolitica, con i rischi che purtroppo stiamo vedendo, fa emergere l’esigenza di forze moderate, che diano rassicurazioni e serenità alle persone. Più che gli estremi, in questo momento può riaffermarsi la centralità di una politica equilibrata e moderata, può essere una stagione di svolta.

Si vota con il proporzionale, quindi è sfida anche tra i partiti della coalizione di centrodestra...

Alle europee votiamo i partiti italiani inseriti all’interno di famiglie europee. Il voto più utile è quello a Forza Italia, perché fa parte della famiglia del Ppe, che è il maggior partito in Europa, quello che esprimerà la presidenza della commissione , “darà le carte” e determinerà le politiche europee dei prossimi anni.

E la Lega?

Chi pensa di votare un partito, la Lega, che è affiliato a Identità e Democrazia, vota la destra estrema, che è fuori dai giochi. E quindi non contribuirà nel modo più assoluto a fare gli interessi dell’Italia e a determinare le politiche.

Forza Italia punta a conquistare il voto moderato, come sempre.

Sì, e i sondaggi dicono che stiamo salendo. Io ho scelto di rientrare in Forza Italia proprio nel momento in cui molti la davano in grande difficoltà. E l’ho fatto anche in omaggio a Silvio Berlusconi, la mia vita politica è stata tutta legata a lui. Ho voluto dare un contributo in un momento in cui, a differenza di altri, pensavo che il ruolo di Forza Italia potesse essere davvero centrale.

Prima però si era allontanata da questo partito, preferendo il Terzo Polo. Perché è andata male?

La mia scelta in realtà era una scelta civica. Sono sempre rimasta fedele ai miei valori. Ho militato in Forza Italia per tutta la mia vita politica ed è stato un naturale rientro. Sono stata sindaco con Berlusconi, ministro con Berlusconi, vicepresidente e assessore della Regione con Berlusconi…

A proposito di Regione, lei si è occupata di sanità come assessore, prima di dimettersi: i problemi legati alle liste d’attesa e all’affollamento dei Pronto soccorso sono rimasti...

Un buon lavoro era stato avviato. Quando ho lasciato la Regione il 40% delle case di comunità e ospedali di comunità era stato avviato, avevo messo in piedi un controllo molto rigoroso sulle liste d’attesa con un sistema di premialità e di penalizzazione che avevano permesso di accorciare nettamente le liste, avevo riavviato importanti progetti di investimento che erano fermi da anni e portato a casa la riforma della sanità territoriale.

Un lavoro che dopo di lei è stato portato avanti?

Quando lascio un posto trovo sbagliato dare giudizi su chi viene dopo, non l’ho mai fatto. Ho sempre rifiutato per esempio interviste sulla Rai, e me le chiedono ancora adesso. Così come sulla città di Milano o sul sindaco di Milano.

Torniamo alle elezioni: i cittadini sembrano lontani dai temi e dalle istituzioni europee. C’è il rischio di un’astensione elevata?

Sì. E credo che la politica debba spiegare le ragioni per le quali è importante votare alle Europee. L’Europa deve rafforzarsi sul fronte sicurezza, intesa sia come difesa comune europea sia come difesa dei nostri confini e quindi maggior sicurezza per i cittadini nelle nostre città. Questo è un tema molto vicino alle persone. Secondo: abbiamo bisogno di un’Europa che cresce. Nel 2008 l’economia americana era pari a quella europea, oggi è il doppio.

Che cosa non ha funzionato, finora?

Quando ha prevalso una politica socialista, quella di Timmermans, non c’è stata la capacità di tenere insieme e dare uguale valore alla sostenibilità ambientale, a quella economica e a quella sociale. Cito la direttiva sulle auto elettriche dal 2035, con 70mila posti a rischio, e le direttive green che penalizzano le nostre imprese energivore, quindi il settore dell’acciaio, del cemento, la ceramica, tante industrie di base del nostro Paese. Ci sono state politiche che hanno penalizzato le famiglie, come la legge sulle case green che è da rivedere completamente perché significherebbe un costo dai 50mila euro in su. E ancora: per la nostra agricoltura dover lasciare il 10% dei terreni incolti non ha senso. In tutte queste misure c’è un eccesso di ideologia, quando invece dovrebbe prevalere il pragmatismo.

Quali sono i temi cruciali del prossimo mandato?

Dobbiamo occuparci di più dei problemi che toccano le persone, alcuni li ho citati: la casa, l’agricoltura visto che con la Francia siamo il primo Paese agricolo europeo. La burocrazia che pesa soprattutto sulle piccole e medie imprese, sugli artigiani, sui commercianti, sui professionisti e le partite Iva. Da una parte dobbiamo lavorare per far comprendere l’importanza di queste elezioni, basti pensare che il 90% delle normative ormai sono europee, e dall’altra insistere sul fatto che ci sono persone consapevoli di ciò che serve e in Europa certamente lavoreranno sui temi decisivi. Tra questi aggiungo i giovani e la necessità di garantire una formazione più in linea con le richieste del mercato del lavoro.

Due questioni si trascinano da decenni e ci si aspetta vengano risolte da una destra liberale: quella dei taxisti e quella dei balneari. Perché non si riesce a mettere a gara queste licenze e non si fa prevalere il mercato?

Se mi chiedete se questa situazione è giusta, la risposta è no. Su questi temi il ruolo che può svolgere Forza Italia è molto importante, sono nel nostro Dna. Tajani si è pronunciato sul mettere a gara le concessioni portuali. Da candidata per la Regione avevo detto di mettere a gara il trasporto locale e sono insorti dicendo che volevo privatizzare il settore…

Emerge l’assenza di una classe dirigente di livello in una parte del centrodestra, non crede? Basti pensare agli ultimi candidati sindaco per Roma e Milano.

Per quel che riguarda il nostro partito rispondo con un esempio: in Piemonte si candida con Forza Italia Paolo Damilano, un imprenditore, una persona credibile che viene dal mondo del fare. Noi abbiamo una classe dirigente seria e alle Europee questo ci premierà.

Il radicamento sul territorio è un punto debole rispetto ad altri partiti?

No. Vogliamo essere sempre più vicini ai territori, per coglierne le esigenze. C’è un percorso che sta facendo Forza Italia, con i congressi in tutta Italia, una fase nuova che parte dal basso. Congressi tra l’altro celebrati in un momento che poteva anche essere critico, quello seguito alla morte di Silvio Berlusconi. C’è chi prevedeva una crisi di Forza Italia, non è stato così.

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