Travolto mentre era a terra
Gli ultimi istanti di Gaetano

Al via ieri il processo per la morte del giovane di Rebbio - Ascoltati i testimoni della squadra mobile, i primi ad avviare le indagini

Pioveva, all’alba del 20 ottobre del 2019. Gaetano Banfi, giovane di Rebbio di 22 anni, dopo una serata trascorsa con delle amiche, stava rientrando a casa. Aveva dimenticato le chiavi. Così, come già aveva fatto altre volte in passato, l’aveva presa un po’ alla larga per non disturbare la madre che ancora dormiva.

Erano da poco passate le cinque della mattina. Si era fatto lasciare in piazza Camerlata, poi aveva camminato lungo la via Paoli, era arrivato al sottopassaggio di via Clemente XII, aveva raggiunto via Scalabrini ed era tornato indietro, di nuovo verso quel maledetto sottopassaggio. Lì fu poi trovato steso a terra, travolto e schiacciato da un’auto che si era allontanata nella notte senza soccorrerlo. Gaetano morì appena giunto in ospedale.

Ieri, di fronte al giudice Emanuele Quadraccia, è iniziato il processo che vede come imputato Stefano Piccolo, 33enne di Cassina Rizzardi. Fu lui a chiamare i soccorsi alle 5.44 della mattina. Ma secondo gli uomini della squadra Mobile, ieri sentiti in aula, sarebbe stato anche lui – intorno alle 5.30 – a travolgerlo nel sottopassaggio. Ieri in tribunale erano presenti i nonni di Gaetano, stravolti dal dolore ma al fianco del loro nipote in questa vicenda legale. La famiglia della vittima, rappresentata dall’avvocato Pier Paolo Livio, ha ritirato la costituzione di parte civile dopo essere stata risarcita dall’assicurazione sulla base di un possibile concorso di colpa, essendo il ragazzo steso sull’asfalto al momento in cui avvenne l’incidente. L’auto che lo travolse tuttavia si allontanò senza prestare soccorso. Ed in aula sono sfilati gli uomini della squadra Mobile che seguirono le indagini. «Piccolo chiamò i soccorsi alle 5.44 ed era sul posto quando arrivammo – hanno raccontato gli uomini della polizia – Il sottopasso non è ripreso da telecamere. Il ragazzo che chiamò i soccorsi ci disse di aver trovato la vittima già a terra. Poi però le indagini ci permisero di appurare che la sua auto, una Ford Eco Sport, era passata in quel punto ben tre volte, la prima alle 5.30, ovvero quasi un quarto d’ora prima. Cosa ha fatto in tutti quei minuti? Non lo sappiamo, o meglio lui ci ha detto prima che l’aveva scambiato per un sacco e per un animale, poi che aveva vagato a cercare i soccorsi. Le immagini delle telecamere lo riprendono però girare, anche vicino ad un istituto di vigilanza che era aperto e con tanta gente fuori, ma non chiese aiuto a nessuno, salvo poi tornare sul posto 14 minuti dopo e chiamare il 112».

La difesa, con l’avvocato Andrea La Russa, ha battagliato su tesi alternative, come quella di un’auto partita da un parcheggio nei pressi del punto dell’investimento e poi allontanatasi in direzione di Milano. In aula hanno parlato anche i primi soccorritori, che hanno riferito sul particolare insolito che Gaetano fu trovato con una mano in tasca, la sinistra, e pure un vigilante che fu l’ultimo a vedere in vita il 22enne: «Passeggiava al buio, pioveva ed era un po’ in mezzo alla strada, la cosa mi colpì, sembrava pensasse ad altro». Importante sarà la prossima udienza, in giugno, quando l’accusa (pm Mariadonatella Renzulli) ultimerà i testimoni e inizieranno quelli della difesa. Dovrebbe parlare anche l’imputato, ieri assente dall’aula. Testimonieranno anche i due consulenti di accusa e difesa, giunti a conclusioni diverse: il primo che l’auto di Piccolo – visto il corpo a terra di Gaetano – avrebbe potuto anche non avere segni di ammaccature, il secondo che una simile eventualità non sarebbe possibile.

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