Val Mulini, una spianata
là dove c’era la pineta
«Autorizzati dal parco»

Colverde: Monta la protesta per il drastico abbattimento di un bosco di pini alti fino a 12 metri lungo il Faloppia tra Drezzo e Ronago

«È scomparsa la pineta»: alle molteplici segnalazioni, si sono aggiunti toni critici e commenti allarmati, come quelli di un escursionista «molto colpito», dice, dall’abbattimento di decine di pini silvestri.

«Mi trovavo in Val Mulini – descrive – e mi sono imbattuto in quello che una volta era un bosco di pini alti anche 12 metri lungo il fiume Faloppia. Faceva parte del circuito turistico della valle: ora non c’è più nemmeno un albero». E manifesta il proprio stato d’animo: « Sono sconcertato – riflette – si parla sempre più di ambiente, di problema smog e di Australia, ma non ci occupiamo del nostro paese».

Area privata

Fin dai mesi scorsi, nell’area di proprietà privata, era in atto un taglio di pini sul versante di Ronago e successivamente, l’operazione si è estesa al versante di Drezzo, in parte entro la Spina Verde, ambito protetto e in parte fuori dai confini del parco. Risultato: una spianata, come viene definita dai testimoni.

«Tutto autorizzato, dal Parco Spina Verde e dalla Regione Lombardia: non c’è niente da eccepire», assicura Paolino Strambini, vicesindaco di Colverde, assessore all’ambiente e all’urbanistica. Autorizzazioni comunicate anche al Comune di Ronago, per la parte di competenza.

Le operazioni, condotte da una ditta specializzata, si sono svolte in sicurezza, recintando la zona e il materiale ricavato non finirà al macero, bensì diventerà bio-massa, trasformato in energia, con contributo ecologico, dicono gli esperti. Si tratta di circa 200 metri cubi di legname, secondo la richiesta di autorizzazione.

«Pini malati, aggrediti dal bostrico e pericolanti, per quanto è a nostra conoscenza , afferma Livia Fargnoli che ha seguito l’operazione dal suo osservatorio dell’Associazione Pro Val Mulini Onlus.

«Erano pini da coltivazione, varietà da vivaio, una specie appartenente agli alberi di Natale e furono impiantati negli anni ’70 per ragioni alle quali è difficile risalire – continua Livia Fargnoli – Il rammarico: si era formato un sottobosco di equisetum, molto bello, apprezzato da naturalisti ed escursionisti».

Anche agli amministratori risulta la situazione di malattia e di conseguente instabilità: «Il proprietario della pineta – osserva Strambini – era preoccupato per il passaggio di bikers e di camminatori, a rischio per la caduta di alberi. La coltivazione era ormai giunta a maturazione, ma anche per prevenire pericoli per l’incolumità delle persone, ha deciso di intervenire in modo radicale».

«Non sarà edificabile»

Non era un bosco, per dirla tecnicamente, ma una «fustaia arrivata alla fine del ciclo produttivo», hanno notato i tecnici che, per quanto si è appreso, hanno censito i pini ad uno ad uno, considerando che non sarebbe bastata una decimazione. Ma occorreva un intervento definitivo.

Il destino dell’area sarà poi deciso dal tempo: «Non è un’area edificabile – conclude Strambini – rimarrà verde».

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