Como, per la cassa in deroga
c’è ancora da aspettare
Soldi a uno su due

Inps “travolto” da una montagna di domande. Al momento definito via libera al 56% dei beneficiari. In due mesi a Como sono stati coinvolti 13.018 lavoratori

Una valanga di domande, un iter complesso (bizantino è stato definito dai consulenti del lavoro) che ha impegnato il personale dell’Inps di Como anche nel weekend. La cassa in deroga è il tema più caldo, ma se si sommano tutte le pratiche in corso sul fronte ammortizzatori dà l’idea della mole di lavoro. In ogni caso, i lavoratori coinvolti nell’ammortizzatore in deroga sono stati 13.018 tra aprile, maggio e giugno: per la metà è stato autorizzato il pagamento. Il che non significa automaticamente che i soldi siano arrivati. Da notare che sempre in provincia di Como i beneficiari della cassa ordinaria hanno superato quota 11mila. Le domande di cassa in deroga sono state 4.492 (accolte 3.993) fino al 31 maggio e toccano appunto oltre il doppio di beneficiari. La stragrande pervenuta è pervenuta il mese scorso: 3.688. Il flusso continua. Solo l’ultimo giorno di maggio ha visto arrivare 35 pratiche: in quelle stesse 24 ore i dipendenti dell’Inps provinciale, guidati dalla dottoressa Rosaria Cariello, ne avevano definite (in pratica autorizzate) 273.

In effetti, ben l’89% è la quota di domande accolte. I pagamenti hanno avuto il via libera per l’83%. Ma se prendiamo le percentuali relative ai beneficiari, vediamo che siamo al 56% di casi definiti. In effetti, i passaggi sono lunghi e complessi.

La procedura

Dopo l’autorizzazione, l’azienda manda all’Inps il modello Sr41 per eseguire tutti i calcoli, dopo di che si può disporre il pagamento. Da quel momento i soldi sono in arrivo, devono passare giusto i tempi contabili (in genere, una settimana).

Per quanto riguarda invece le domande del fondo di integrazione salariale con pagamento a conguaglio, si è quasi alla fine della strada con il 98% (97% per il pagamento a diretto). Ancora, le domande di cassa ordinaria sono state circa 4.100.

Per far fronte a questo filone consistente, è stata messa a disposizione una vera e propria squadra. L’unico sollievo – almeno in una fase successiva, perché c’era qualche caso pregresso da trattare all’inizio dell’emergenza – era l’assenza della Naspi, visto che è proibito licenziare. Ma se gli ammortizzatori si sono abbattuti sull’Inps come incombenza non bisogna dimenticare che si dovevano portare avanti altre pratiche, dal reddito di emergenza al bonus bebè che erano ugualmente piovute. «Abbiamo messo 15 persone ai pagamenti diretti – spiega la direttrice Rosaria Cariello – poi una decina su cassa in deroga, ordinaria e Fis. In supporto poi sei persone da Roma».

L’operatività

Come è stato detto a livello nazionale, in due mesi si è dovuto affrontare un lavoro che poteva corrispondere a quello di cinque anni. Altro dato che mostra la delicatezza della situazione: se il Fondo di integrazione salariale significa solitamente la gestione di dieci, dodici domande all’anno, ora ne sono state presentate duemila. Pur essendo chiusi fisicamente gli uffici, non potendo cioè ricevere i cittadini, tutti sono stati operativi da casa, anche di sabato. Adesso c’è anche la possibilità della prenotazione dell’appuntamento telefonico, oltre alle altre possibilità, via telematica in testa. Otto ore al giorno a disposizione al telefono, vuol dire che si sono raccolte richieste, come pure sfoghi, disperazione, di fronte alla difficoltà a percepire i soldi.

«Abbiamo la massima consapevolezza – conclude la direttrice – del valore del servizio che offriamo, dalla cassa a tutte le altre pratiche di questo periodo di emergenza». Di qui il grazie al personale nel suo impegno quotidiano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA