Cresce il lavoro. A gennaio in provincia di Como 5.300 assunzioni

Il report Lo scorso anno erano state 160 in meno, ma cresce la difficoltà nel reperimento del personale. Estelli (Cgil): «Servono contratti stabili e ben retribuiti»

Sono attesi questo gennaio 5.300 nuovi lavoratori a Como ed è in aumento la richiesta rispetto ai 5.140 del gennaio 2023. Per il trimestre gennaio – maggio le offerte di lavoro tra Como e provincia raggiungeranno quota 14.700, oltre mille posti di lavoro in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno quando erano 13.580, secondo le stime diffuse da Unioncamere-Anpal, Sistema Informativo Excelsior. A livello nazionale sono più di 508mila i lavoratori ricercati dalle imprese a gennaio e circa 1,4 milioni per il primo trimestre dell’anno. Oltre 4mila assunzioni in più rispetto a gennaio 2023 (+0,9%) e +69mila assunzioni (+5,3%) prendendo come riferimento l’intero trimestre. A guidare la domanda di lavoro sono i servizi alle persone che programmano a gennaio 70mila assunzioni (+10,0% rispetto a gennaio 2023). Seguono il commercio (68mila unità; +13,7% su base annua) e le costruzioni (51mila unità; +1,8%).

È negativa, però, a gennaio la tendenza prevista delle imprese del turismo e dell’industria manifatturiera (rispettivamente -12,1% e -2,3% rispetto all’anno precedente).

«Le prospettive dell’occupazione sono incoraggianti se si crea lavoro e si prevedono nuove assunzioni, resta centrale la necessità di stabilizzare il lavoro con contratti adeguati e con i rinnovi mentre preoccupa l’arretramento dell’industria per quanto riguarda le assunzioni, perché il settore manifatturiero è trainante per il Paese» sostiene Sandro Estelli per Cgil Como.

Il mismatch

Intanto continua a salire la difficoltà di reperimento a +3,7 punti percentuali rispetto a un anno fa. A gennaio il mismatch tra domanda e offerta di lavoro interessa 250mila assunzioni delle 508mila programmate (49,2%) soprattutto a causa della mancanza di candidati (al 31,1%).

«La difficoltà di reperimento di personale e i dati demografici in peggioramento devono indurre a ricercare e formare nuovi profili – continua Estelli – attraverso un’opera di connessione tra sindacati, enti formativi e politiche sociali. L’Italia resta tra gli ultimi paesi in Europa per tasso di occupazione, in particolare tra le donne, e tra i primi per tasso di disoccupazione giovanile e percentuale di Neet, ovvero i giovani che non studiano né lavorano. Bisogna quindi impegnarsi per invertire questa tendenza ormai da troppi anni consolidata, favorendo l’occupazione femminile e giovanile attraverso la proposta di lavori stabili e ben retribuiti. L’aumento dell’occupazione ha come ostacolo la contrazione demografica che può significare avere posti di lavoro ma non persone qualificate per tali lavori». Per il 18,1% delle assunzioni (oltre 91mila) le imprese pensano di rivolgersi preferenzialmente a lavoratori immigrati, soprattutto nei settori dei servizi operativi (30,8% del totale entrate), della logistica (29,1%), dei servizi di alloggio, ristorazione, turismo (24,4%), delle costruzioni (21,0%) e delle industrie alimentari, bevande e tabacco (20,6%).

La formazione

«È necessario fare uno sforzo per una formazione che interessi anche i lavoratori migranti che sono una risorsa per il futuro del Paese – conclude il segretario generale Cgil Como - inoltre è urgente rinnovare i contratti di lavoro per invertire la tendenza degli ultimi trent’anni che vede in diminuzione in Italia il salario medio reale, termine che indica le reali possibilità di acquisto di beni e servizi da parte dei lavoratori. Secondo il report Inapp 2023, in Italia il salario medio annuo reale era di 45.298 dollari nel 1992. Nel 2022, il salario medio italiano reale è inferiore sia al valore del 1992 sia alla media Ocse. Infatti, nel 2022 i salari medi annui reali italiani ammontavano a 44.893 mentre la media Ocse era di 53.407».

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