Dazi Usa al 39%, la Svizzera si prepara. «Indennità per evitare licenziamenti»

Commercio globale La Confederazione punta a una riapertura del negoziato con Trump. Esposto alla pesante tassazione il 60% delle merci, preoccupazione per le ricadute economiche

Como

«Il Consiglio federale è determinato a proseguire i colloqui e i negoziati con gli Stati Uniti andando oltre la dichiarazione congiunta d’intenti esistente, se necessario anche dopo il 7 agosto». È questa la prima reazione ufficiale del Governo di Berna alla mazzata ufficializzata il 31 luglio dal presidente americano Donald Trump che ai prodotti provenienti dalla vicina Confederazione ha riservato dazi al 39%. Mazzata che il Governo ha dimostrato di prendere tremendamente sul serio, tanto che ieri nella riunione d’urgenza convocata dalla presidente di turno Karin Keller-Sutter è tornato a far capolino - quasi cinque e mezzo dopo la prima violenta ondata di contagi legati al Covid - lo spettro del ricorso al lavoro ridotto, l’omologo della nostra cassa integrazione.

Le ricadute

Tema che ha riguardato in quella tremenda primavera del 2020 anche numerosi frontalieri e che potrebbe tornare ad interessare da vicino tanti nostri lavoratori occupati oltreconfine, considerato che a rischio c’è l’export di segmenti simbolo come l’orologeria o il metalmeccanico. Di ricorso al lavoro ridotto ha apertamente parlato il Governo nell’attesa nota diffusa a metà pomeriggio. «Per evitare licenziamenti in caso di perdita temporanea e inevitabile di posti di lavoro riconducibile ai nuovi dazi doganali, sarà possibile ricorrere al collaudato strumento dell’indennità per lavoro ridotto - le parole utilizzate dall’esecutivo federale -. Il Consiglio federale analizza costantemente gli sviluppi della situazione e il loro impatto sull’economia svizzera e fa in modo di poter intervenire rapidamente se necessario». La situazione resta più che mai tesa, tenendo conto anche di un altro aspetto e cioè che la vicina Europa è riuscita a spuntare dazi al 15%, mentre il Regno Unito ha strappato al Governo degli States un accordo addirittura al 10%.

Il piano

Cosa accadrà nelle prossime ore - vista l’incombente scadenza del 7 agosto - lo ha chiarito lo stesso esecutivo federale, confermando che «per migliorare la situazione dei dazi doganali e tenendo conto delle preoccupazioni degli Stati Uniti, la Svizzera entrerà in questa nuova fase con l’intenzione di presentare loro un’offerta più interessante». «La Svizzera e gli Stati Uniti sono legati da un forte partenariato economico - si legge ancora nella nota -. Negli ultimi vent’anni il commercio bilaterale è quadruplicato. Il nostro Paese è il sesto investitore straniero negli Stati Uniti e il primo investitore in ricerca e sviluppo. Il Consiglio federale desidera mantenere queste relazioni economiche dinamiche».

Numeri (e percentuali) alla mano, in base alla tariffa doganale annunciata dal governo statunitense per la Svizzera lo scorso 31 luglio, quasi il 60 % delle merci svizzere esportate negli Stati Uniti sarà soggetto a un dazio aggiuntivo del 39 % a partire da dopodomani. «Ciò comporterà per il nostro Paese dazi particolarmente elevati rispetto ad altri partner commerciali degli Usa con una struttura economica comparabile», l’amara sottolineatura finale del Governo di Berna.

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