E se l’Italia fa crac?
Soldi comaschi in Svizzera
Un record di trasferimenti

Già 200 miliardi di euro sono stati versati nelle banche elvetiche. Pedrotti (Ubs): «La solidità ticinese e svizzera è attrattiva per investitori»

Il “Grande Balzello”, la patrimoniale già sperimentata dagli italiani nel lontano 1992 con il Governo Amato (attraverso il prelievo notturno del 6 per mille sui conti correnti degli italiani), torna a spaventare anche i risparmiatori comaschi e si aggiunge alla scarsa fiducia nelle banche.

Sarebbero già 200 i miliardi di euro fini al di fuori dei confini nazionali - gran parte dei quali al sicuro nelle casseforti delle banche svizzere - per paura della crisi economica provocata dall’emergenza coronavirus, che - al di qua del confine - hanno rimesso al centro del dibattito economico e politico il tema della patrimoniale.

Il record di spostamenti di liquidità, al di là di paure contingenti, si spiega con la mancanza di fiducia negli istituti di credito, nell’euro, nelle politiche finanziare dello Stato. La possibilità di mettere al riparo il patrimonio dal rischio di fallimento delle banche è un fattore altamente attrattivo, se si considera la solidità delle banche elvetiche.

Un tratto della società svizzera messo in evidenza anch eda Luca Pedrotti, direttore generale di Ubs in Ticino. «In generale in Europa si è potuto apprezzare come il sistema economico e politico svizzero abbia saputo gestire in modo ottimale il periodo della crisi legato al Covid-19» ha dichiarato Pedrotti. «In particolare, il settore bancario svizzero è risultato essere fondamentale per una rapida messa a disposizione delle aziende della liquidità erogata per il tramite dei crediti garantiti dalla Confederazione. Già prima della riapertura delle frontiere, avvenuta ultimamente, abbiamo avuto chiari indicatori di un marcato interesse per la piazza finanziaria svizzera e ticinese, che grazie alla sua solidità e funzionalità di servizi e processi, rimane molto attrattiva per gli investitori italiani e internazionali».

Riguardo al timore di una patrimoniale, nonostante le smentite del premier Giuseppe Conte nel corso degli Stati generali dell’Economia, gli italiani avrebbero ripreso a puntare decisi in primis verso la vicina Confederazione (ma non solo) per mettere al sicuro i propri risparmi. Si tratterebbe di una riedizione di quanto avvenuto già dalla seconda metà del 2018 in poi - all’epoca del primo Governo Conte a trazione Lega e Movimento 5 Stelle - quando la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea aveva segnalato una crescita del 5% dei risparmi depositati in Svizzera. Al “Sole 24 Ore”, il fondatore di un noto studio legale con sede a Zurigo ha spiegato che «dall’Italia arrivano quasi ogni giorno telefonate. L’obiettivo è aprire un conto corrente e mettere i soldi al sicuro». Queste ultime settimane avrebbero però segnato una svolta in questo senso. A richiedere l’apertura di un conto corrente in Svizzera non sarebbero più unicamente persone benestanti, il cui desiderio è quello di trasferire in porti o meglio in caveau sicuri ingenti quantità di risparmi, ma anche piccoli e medi risparmiatori.

Investireoggi.it ha precisato che «portare i soldi in Svizzera non equivale a nasconderli». Dal 2017 la Confederazione è tenuta a comunicare al nostro Paese i nominativi di tutti coloro che aprono conti correnti o depositi. Le regole d’ingaggio dunque sono cambiate, ma l’incertezza politica legata alla crisi (anche) economica dettata dall’emergenza Covid-19 sembra essere più forte dei nuovi accordi tra Stati.

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