Federico Turconi, il manager comasco al vertice di Gucci: «Il nostro territorio è bellezza, pragmatismo e solidità»

Federico Turconi è presidente e Ceo di Gucci Americas: «I grandi brand del lusso sono chiamati a certificare i processi produttivi e a tutelare la filiera»

Nato e cresciuto a Como respirando cultura tessile (il papà, Luigi, è da molti anni una delle figure manageriali più stimate e autorevoli del distretto), dallo scorso settembre Federico Turconi è al vertice di Gucci Americas.

Cosa rappresenta per lei Como?

Como è e sarà sempre casa, dove mi rilasso e riesco a spendere tempo di qualità con famiglia ed amici, è il luogo che mi ha insegnato a vedere “il bello” – un luogo magico, magico ogni angolo del suo meraviglioso lago. Le sue viste romantiche, le estati spensierate di quanto ero ragazzo, ed oggi anche i pomeriggi d’inverno a guardare il lago, con quei toni di grigio e gli azzurri pastello.

Come si intrecciano le sue radici con un brand globale?

Credo che l’origine locale sia la chiave di formazione che mi ha permesso di sviluppare il desiderio di scoprire cosa sta al di là di una piccola realtà. Un luogo splendido nel quale ritornare a ritrovarsi e riposarsi, ma in fondo una base di lancio per scoprire il mondo. Una grande città può viziare chi vi cresce, e far perdere l’entusiasmo e la spinta nell’uscire da una realtà “casalinga” scoprendo cosa c’e’ oltre, mantenendo però quelle radici vere e genuine che solo la provincia italiana sa darti. Le radici sono importanti, la cosa più importante soprattutto quando ti confronti con universo molto differente e a migliaia di km di distanza, ti fanno ricordare sempre chi sei, da dove vieni, e dunque ti guidano verso dove devi andare, anche inconsciamente.

Cono ha un patrimonio unico, ci sono generazioni di artigiani e imprenditori che hanno imparato a interpretare i desideri dei più celebrati creativi: nell’attuale contesto geopolitico come è possibile mantenere questa ricchezza?

Como ha costruito il suo successo attraverso un territorio ed una posizione geografica unica, e lo spirito pragmatico dei comaschi che hanno saputo tradurre le visioni creative dei più grandi nomi in splendide realizzazioni – la sfida per il nostro territorio è riuscire a declinare questo pragmatismo e solidità in entusiasmo per poter trasmettere ai nostri visitatori e tutti coloro che si rivolgono a Como per “il bello” – dei suoi tessuti, dei suoi paesaggi – un ottica positiva, aperta e curiosa verso il mondo. Perché oggi siamo di fronte ad una sfida globale e sarà sempre più importante trovare nella nostra cultura spirito di ospitalità e flessibilità creative ed industriale.

I top brand dovrebbero prestare maggiore attenzione alla salvaguardia della filiera?

Ora più che mai i grandi marchi del lusso sono chiamati a certificare i processi produttivi, in un momento come questo filiere di qualità che garantiscano un valore al lusso che sia tanto socially responsible quanto qualitativo, hanno un grande vantaggio da giocare in quanto diventano un tassello fondamentale nella creazione di valore. I brand questo lo riconoscono, ed una attenzione alla filiera sarà sempre più centrale.

C’è qualche settore specifico su cui i comaschi eccellono e che meriterebbe particolare tutela?

Da comasco all’estero provo sempre grande orgoglio nel vedere quanto il nostro piccolo francobollo di terra sia riconosciuto su scala globale come uno dei luoghi più magici – ci siamo cresciuti dando questo sempre per scontato, ma non può esserlo. Dobbiamo assolutamente salvaguardare questo territorio offrendo, oltre alle bellezze che abbiamo ereditato, servizi ed esperienze uniche. È su questo che si costruisce il futuro di Como e del suo lago, abbiamo un brand unico che va protetto e su cui bisogna investire sempre di più.

La transizione ecologica, anche nel fashion, è un vincolo o un’opportunità per le Pmi di un distretto come il nostro?

Come già sottolineato, temi di responsabilità sociale sono sempre più centrali nella creazione di valore – questo vale per i grandi brand e di conseguenza deve essere una forte base valoriale anche per i distretti produttivi. Così che possano proteggere quanto lasceremo alle future generazioni, il nostro territorio unico, ed al contempo avere un forte vantaggio competitivo verso chi guarda solo al breve termine.

Tornando alla sua carriera: quali sono i fattori chiave per diventare un top manager?

Ne voglio citare uno solo, non perché non ne servano altri, ma perché è da questo che scaturisce tutto – la curiosità – è questa molla che ci spinge a crescere, a fuggire da quella che gli anglosassoni chiamano “comfort zone” che rappresenta la fine di ogni ambizione e di qualsiasi crescita, personale o professionale. Quando mi sento in un’ area di comfort mi preoccupo, capisco che è il momento di trovare qualcosa di nuovo, possono essere anche piccole cose, nuove abitudini, nuovi spunti di ispirazione.

Fa un certo effetto che Gucci Americas, divisione strategica di un marchio italiano oggi francese, sia guidato un manager comasco...

Non dovrebbe, siamo in un mondo che offre grandi opportunità a chiunque sappia trovarle. Non conta chi sei e da dove arrivi, ci sono tantissime aziende e grandi conglomerati che sono pronti ad aprire le porte ed investire su chi ha voglia di mettersi in gioco.E poi non dimentichiamoci – noi comaschi siamo cresciuti in un contesto unico,una piccola e stupenda fetta di Italia con una finestra sul mondo, prima con la nostra industria ed ora anche con un turismo in grande espansione.

Quali consigli si sente di dare a un giovane che vuole puntare in alto?

Non temere il cambiamento, accoglierlo a braccia aperte. Cercare la novità e rendersi conto quando tutto sembra difficile che è solo il segno che stiamo imparando e crescendo. La strada in salita non finisce mai, serve trovare il modo di godersi la vista mentre si scala la montagna.

Quanto ha contato nel suo percorso voler far crescere le persone che collaborano con lei?

È tutto, il successo di ogni leader è commisurato al valore del team che riesci a costruire intorno a te. Un team a cui devi dare fiducia, prima di tutto, spazio per sbagliare e quindi per crescere.Una struttura manageriale all’interno di una azienda deve essere vista in fondo come un gruppo di imprenditori in una filiera, il successo del singolo dipende dal successo di tutti.

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