Franco, nuovo record. In tasca ai frontalieri altri 255 euro al mese

Svizzera Stabilito un nuovo massimo nel cambio, in 12 mesi uno stipendio passa da 4.048 a 4.303 euro. Ma preoccupa il futuro per le aziende legate all’export

Alle 11.10 di ieri mattina (in ossequio alla proverbiale precisione rossocrociata) il franco svizzero ha toccato un nuovo massimo nei confronti dell’euro dall’abolizione del tasso di cambio - datata 15 gennaio 2015 -, facendo sicuramente la felicità dei frontalieri, che si vedono riconosciuti stipendi più robusti, ma nel contempo aprendo un preoccupante scenario legato all’export e di conseguenza alla tenuta di numerose imprese.

Inevitabili, in questo contesto, anche i benefici per la spesa di confine, nonostante i tentativi del Governo svizzero di arginare questo fenomeno con il dimezzamento (al momento solo annunciato) della franchigia da 300 a 150 franchi.

Per dare un riferimento diretto, nel tardo pomeriggio di ieri 1000 franchi equivalevano a 1075,8 euro, il che significa - tornando ai nostri lavoratori - l’equivalente di 4303,2 euro per uno stipendio medio di 4 mila franchi svizzeri. Un dato numerico che testimonia una cavalcata inarrestabile, sotto lo sguardo al momento sornione della Banca nazionale svizzera, della moneta che ad oggi ha conquistato i gradi di bene rifugio per antonomasia, facendo felici, come detto, i frontalieri. Basti pensare che il 1° gennaio 2023, dunque dodici mesi or sono, 1000 franchi valevano 1012 euro, il che significa - tenendo come termine di paragone lo stipendio medio mensile pari a 4 mila franchi - un salario di 4048 euro.

Questo per dire che in neppure 12 mesi, considerato che al 1° gennaio mancano ancora 72 ore, i nostri lavoratori, a parità di stipendi in franchi svizzeri, hanno incamerato 255,2 euro in più su base mensile con la sola fluttuazione del cambio. In questo contesto in continua evoluzione aggiungiamo un altro termine di paragone diretto.

Non più tardi di due mesi fa, quindi il 1° dicembre, i 1000 franchi sin qui utilizzati come termine di paragone corrispondevano a 1044,71 euro, il che significa 4178,84 euro di stipendio medio (sempre con 4 mila franchi come termine di paragone). Questo per dire che in meno di sessanta giorni, grazie alla cavalcata della moneta rossocrociata, un buon numero di nostri lavoratori si è trovato con 124,36 franchi in più su base mensile senza fare nulla, ma cercando unicamente di accaparrarsi il cambio migliore.

Nel contempo, il franco svizzero ha fatto registrare in questo ore anche un nuovo primato nei confronti del dollaro, ribadendo così la vocazione di “porto sicuro” in un momento di turbolenze internazionali. Peraltro, secondo alcuni analisti, la moneta rossocrociata ha beneficiato in maniera rilevante delle (alte) aspettative del mercato legate ad un taglio dei tassi da parte delle banche centrali.

Ma c’è anche un secondo lato della medaglia, che inevitabilmente getta ombre sinistre sulla tenuta dell’export e per diretta conseguenza dell’occupazione. Un concetto, che ad inizio mese Andrea Puglia, responsabile frontalieri del sindacato ticinese Ocst aveva così perimetrato al nostro giornale e che ora suona ancor più di stretta attualità: «I frontalieri sono contenti perché il loro potere d’acquisto oggi si è innalzato fortemente, come mai accaduto in passato. Per contro, soprattutto chi lavora nel settore industriale o in tutti quelli settori legati a doppio filo all’export sa perfettamente che con un franco così forte le aziende corrono dei rischi».

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