Frangi (Confcooperative Insubria): «Questo turismo snatura Como»

Mauro Frangi confermato per il terzo mandato al vertice dell’associazione: «Non c’è futuro senza coesione sociale. Il boom affitti brevi? Problema sociale e urbanistico»

Lavoro e futuro sono le due parole chiave della relazione di Mauro Frangi, confermato presidente al terzo mandato di Confcooperative Insubria. Il lavoro, naturalmente al centro di un mondo che, lo dicono le imprese associate, vale 11 mila addetti ed ha appena siglato un accordo nazionale - il contratto della cooperative sociali - che prevede un aumento retributivo del 15%. E poi c’è il tema del futuro che il nostro territorio rischia di subire, ammaliato dal boom dei turisti stranieri sul lago. Mettere al centro il lavoro come fanno le imprese cooperative, è il punto di partenza per provare a rovesciare il futuro che si sta costruendo - ha detto Frangi - quello di chi vede l’impresa unicamente come entità volta a realizzare profitti, “non importa come” e a quali costo. Quello di chi si limita a spostare capitali da una parte all’altra del pianeta. Un modello economico e sociale che produce diseguaglianze, tensioni, insoddisfazioni».

Il contesto che stiamo affrontando evidenzia l’attualità del modello cooperativo, concreta alternativa praticabile che si fonda sulla relazione tra le persone, sul fattore comunità. «Non c’è futuro desiderabile e sostenibile senza coesione sociale - ha detto il presidente - senza solidarietà diffusa, responsabilità per il destino comune, protagonismo diretto delle persone, non ci basterà nessuna efficienza economica o tecnologica. Nessuna innovazione digitale potrà aiutarci. Per questo diciamo che non potrà esserci futuro sostenibile senza il contributo determinante dell’economia mutualistica e dell’economia sociale. Altro che residuo del passato, settore marginale o con funzioni solo di supplenza per i fallimenti del mercato. Siamo un ecosistema economico e sociale utile per affrontare con successo le transizioni in atto, per contribuire ad un welfare più inclusivo e a nuove politiche industriali e di sviluppo capaci di generare occupazione ed inclusione».

Si tratta di principi di ordine generale, certo, ma non mancano i riferimenti concreti al nostro territorio, alla disperata ricerca di identità. Ci salverà il turismo? Il presidente di Confcooperative non ha risparmiato le critiche allo sviluppo del settore così come lo abbiamo conosciuto fino a oggi. «Nessuna discussione sulla sua importanza, sul valore economico che produce e sulla reputazione dei nostri territori nel mondo che è in grado di generare - ha detto Frangi - ma il turismo non è l’equivalente di una risorsa naturale che chiede solo di essere estratta per generare valore. I costi ambientali e sociali della sua estrazione non sono certo neutri. Non funziona se diventa la monocoltura del territorio. Una monocoltura che finisce con inaridire il terreno».

Il riferimento è ai possibili effetti collaterali sulla qualità di vita nelle città. «Solo una città attrattiva per i suoi abitanti, una città nella quale si vive bene, è davvero interessante agli occhi del mondo - ha detto ancora Frangi -la proliferazione dei “bed and breakfast” e degli “affitti brevi”, improntati solo alla massimizzazione della rendita immobiliare, apre questioni urbanistiche e sociali sempre più evidenti. Le grandi piattaforme sembrano democrache perché consentono a molti di ricavare reddito dalla messa a disposizione di immobili ai turisti, con costi irrisori e pochissimi rischi, ma generano una rilevante contrazione del mercato degli affitti tradizionali e ulteriori impennate nei prezzi degli immobili. E, soprattutto, finiscono con lo snaturare completamente le nostre città».

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