Il Tribunale salva la Murrina dal crac
C’è il concordato nonostante il fisco

I giudici di Como accolgono il piano di rilancio presentato dal marchio storico L’Agenzia delle entrate aveva detto no. È una delle prime applicazioni del “cram down fiscale”

Se la scorsa estate il “decreto risanamento” non avesse modificato la legge fallimentare, oggi La Murrina srl, storico marchio del vetro di Murano ma con legale sede a Turate, sarebbe senz’altro fallita. E invece i giudici di Como (Marco Mancini, giudice delegato, Paola Parlati, presidente vicario) hanno omologato il concordato preventivo chiesto dall’azienda nonostante il voto contrario della maggioranza dei creditori. Azienda salva, dunque, visto che nel concordato si prevede non solo il pagamento di gran parte dei debiti arretrati (parliamo di una cifra superiore ai 15 milioni di euro), quanto soprattutto la ripresa dell’attività e un progetto quinquennale di rilancio.

L’opposizione dell’erario

A insistere sul fallimento era stata l’Agenzia delle entrate, ovvero il creditore che vanta la maggior parte del rosso della società (oltre 8 milioni di euro). Nel concordato La Murrina prevede il pagamento al 100% di tutti i crediti chirografari e privilegiati (e quindi, in primis, dei dipendenti), mentre per l’erario prevedo il pagamento del debito per l’importo complessivo di euro 2.914.237, pari a poco più del 36,20% dell’ammontare complessivo. Troppo poco, ha chiosato il fisco.

I giudici di Como, nonostante l’erario avesse in mano la maggior parte dell’assemblea dei creditori, hanno deciso ugualmente di omologare il concordato sulla base della nuova legge fallimentare che prevede il via libera del Tribunale anche in presenza della «mancata adesione dell’amministrazione finanziaria o degli enti previdenziali in modo decisivo ai fini del raggiungimento delle maggioranze» e valutata la «convenienza della proposta di soddisfacimento dell’amministrazione o dell’ente rispetto all’alternativa fallimentare».

La decisione

Il Tribunale, in buona sostanza, ha preso la calcolatrice e ha valutato che con il concordato preventivo l’attivo de La Murrina ammonterebbe a poco meno di 20 milioni di euro, di cui la metà necessari per la prosecuzione dell’attività fino al 2026, mentre in caso di fallimento l’attivo concordatario si ridurrebbe a meno di 12 milioni cifra considerata insufficiente a consentire il pagamento dei chirografari e dei privilegiati.

Non solo, ma il concordato con continuità aziendale «contempla, per sua natura, il mantenimento dei cespiti produttivi, in funzione della prosecuzione dell’attività d’impresa» e questo agevolerebbe il pagamento degli arretrati senza togliere fondi o garanzie ai creditori, anche alla luce del fatto che l’immobile di Murano, valutato circa 1,5 milioni, non sarà venduto ma resterà nella società (e costituisce chiaramente una garanzia).

«Nell’ipotesi fallimentare - sottolinea nel provvedimento il giudice estensore, Marco Mancini - l’attivo a disposizione della procedura sarebbe sufficiente a soddisfare le prededuzioni, i creditori ipotecari, i dipendenti per TFR e stipendi e, solo in parte, i fornitori. È palese invece l’incapienza dell’attivo per tutti gli altri creditori privilegiati».

Da qui la decisione di omologare il concordato a dispetto del voto della maggioranza dei creditori. Si tratta di una delle prime applicazioni del nuovo “cram down fiscale”, varato dal Governo nell’agosto scorso con il decreto risanamento.

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