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Sabato 20 Dicembre 2025
«La mia startup per la libertà delle donne afghane»
Il progetto di Abdul Kamyar, laurea magistrale all’Insubria, per offrire alle donne afghane la possibilità di formarsi e lavorare
Abdul Kamyar, laureato magistrale all’Università dell’Insubria, ha ideato insieme alla collega Sediqa Sharifi la startup SheConnects, realtà innovativa capace di offrire alle donne afghane escluse da scuola e lavoro la possibilità di tornare a formarsi e lavorare da remoto con aziende europee. Si tratta di una piattaforma nata in Italia che unisce tecnologia, resilienza e inclusione, trasformando la connessione digitale in una nuova forma di libertà.
Abdul, puoi raccontarci il tuo arrivo in Italia e cosa ti ha portato a scegliere l’Università dell’Insubria?
Sono arrivato in Italia nel 2022 come uno dei 20 vincitori della Insubria International Excellence Scholarship, una borsa di studio dedicata agli studenti internazionali più meritevoli.
Credo che la laurea Magistrale in Global Entrepreneurship Economics and Management sia uno dei pochi percorsi in Italia che unisce davvero imprenditorialità moderna e gestione dell’innovazione.
Il corso GEEM quali competenze o visioni ti ha fornito e come le utilizzi oggi nella tua startup?
Il programma ci ha permesso di approfondire concetti fondamentali come l’imprenditorialità e l’innovazione tecnologica. Abbiamo studiato il mondo delle startup moderne: come nascono, come si finanziano e quali modelli guidano la loro crescita. Abbiamo conosciuto le storie di founder italiani e internazionali, leader di innovazione nei loro settori. Analizzare i loro percorsi ci ha dato una visione concreta su cosa significhi creare un’impresa innovativa.
Dove e quando ti è venuta l’idea di creare la startup SheConnects?
L’idea è nata mentre studiavo all’Insubria. Già da studente ero impegnato ad aiutare ragazze afghane a trovare opportunità di studio all’estero, dopo che nel Paese avevano perso il diritto all’istruzione così come il diritto al lavoro. Molti docenti all’Insubria hanno contribuito alla mia, ma se devo citarne uno su tutti, direi Alberto Onetti.
Quanto il ritorno dei Talebani nel 2021 ha inciso sulla tua visione del lavoro, della libertà e dell’innovazione?
Ha cambiato tutto. Di fronte ai problemi sociali del mio Paese, ho iniziato a sviluppare un approccio diverso all’uso della tecnologia. In università ci insegnano a identificare un problema, usare la tecnologia per risolverlo e creare un modello di business. Per me la vera sfida è applicare queste competenze a problemi che colpiscono direttamente la mia comunità.
Quando hai capito che la tua storia personale poteva trasformarsi in un progetto per altre persone?
Dopo di 2021, ho avuto la possibilità di lasciare il regime talebano e costruire una nuova vita accademica e professionale in Italia. Le donne in Afghanistan non hanno questa possibilità. Questa consapevolezza ha aumentato il mio senso di responsabilità verso di loro. Ho capito che la mia storia personale poteva diventare un ponte per creare opportunità reali anche per altre persone. Così è nata l’idea di SheConnects.
Come hai incontrato la tua co-founder Sediqa Sharifi e come avete deciso di creare insieme SheConnects?
Ho conosciuto Sediqa mentre collaboravamo con l’ASDD, associazione afghana in Italia che offre supporto educativo alle ragazze in Afghanistan. Condividevamo lo stesso background in ambito business e la stessa preoccupazione per la perdita del diritto delle donne nel nostro Paese. È stato naturale decidere di unire le forze e creare una startup sociale che offrisse opportunità di lavoro online.
In poche parole: cos’è SheConnects e quale problema vuole risolvere?
SheConnects è una startup che crea opportunità di lavoro freelance per le donne afghane che hanno perso il diritto di lavorare dopo il ritorno dei Talebani. Le colleghiamo con clienti europei affinché possano lavorare in modo sicuro, indipendente e sostenibile.
Qual è stata la prima reazione delle donne afghane quando avete iniziato a proporre opportunità di lavoro remoto?
La reazione è stata straordinaria. Alla nostra prima call abbiamo ricevuto più di 140 candidature in una settimana. Ancora oggi riceviamo candidature spontanee ogni giorno: molte donne vogliono tornare a lavorare e ricostruire la loro indipendenza.
Quali competenze insegnate per rendere autonome le donne nel lavoro globale?
Le formiamo sugli strumenti digitali e sugli standard del mercato europeo. Non partiamo da zero: tutte hanno già competenze nei settori in cui vogliono lavorare. Le aiutiamo a tradurle in un contesto globale e professionale.
Come utilizzate l’intelligenza artificiale nel progetto?
Da un lato formiamo le nostre freelancer all’uso dell’AI per migliorare produttività ed efficienza. Dall’altro utilizziamo l’AI anche nella gestione interna di SheConnects. Il nostro obiettivo a lungo termine è sviluppare un modello proprietario basato sull’AI che permetta il matchmaking intelligente tra freelancer e clienti.
Qual è la tua visione per i prossimi cinque anni di SheConnects?
Nei prossimi cinque anni vogliamo aiutare 1.000 donne afghane a diventare freelancer capaci di competere a livello internazionale. Vogliamo anche cambiare la narrativa sulle donne afghane, dimostrare che hanno competenze e talento per offrire servizi di alta qualità nel mercato globale.
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