Libera circolazione delle merci. «Sono migliaia i posti a rischio»

Il parziale via libera alla riforma, da parte svizzera, allarma gli operatori dei due lati del confine. «La decisione deve essere corretta, possibili ricadute importanti anche per la fiscalità italiana»

Con una decisione presa in netta antitesi rispetto alle attuali dinamiche lungo il confine italo-svizzero (ma non solo), il Consiglio nazionale - la Camera “bassa” del Parlamento - ha approvato a larga maggioranza una sorta di “liberi tutti” per quel che concerne la libera circolazione delle merci attraverso le frontiere elvetiche a fronte dell’abolizione dell’obbligo di dichiarazione doganale per determinate categorie di merci, oltre a una modifica del processo di riscossione dell’Iva al momento dell’importazione.

«Occorre aspettare il verdetto del Consiglio degli Stati (l’equivalente del nostro Senato, ndr.) che dovrà valutare la costituzionalità del provvedimento - rimarca Alessandro Butti, doganalista e titolare di un’avviata azienda di import export con sedi a Como e Carimate -. Il problema di fondo sussiste per gli operatori doganali svizzeri, che vedranno ridotto ai minimi termini il loro lavoro, con tutto ciò che ne consegue anche in ambito occupazionale. Tenendo conto che queste aziende danno lavoro ad un numero rilevante di frontalieri». L’altro elemento di dibattito dato da questa (prima) votazione sta nel fatto che le ripercussioni ci saranno però anche sul nostro territorio e in generale sui territori di confine italiani.

Questo perché la modifica legislativa porterà in dote un allentamento significativo sui controlli legati al passaggio delle merci alle frontiere in ingresso in Svizzera, in quanto non ci sarà più una “dichiarazione doganale d’importazione” sul territorio elvetico.

«Di fatto verrà meno un controllo su due - fa notare ancora Alessandro Butti -. Lo spauracchio è che dunque una quantità di merci transiti lungo le frontiere senza un giustificativo a corredo». La proposta di questa modifica normativa sarebbe stata avallata (lo dimostra il voto in Consiglio nazionale) dai partiti di centro-destra, storicamente più vicini al mondo imprenditoriale e dunque sulla carta meno propensi a questo tipo di soluzioni. Quanto alle ripercussioni sui posti di lavoro, Alessandro Butti non ha dubbi circa il fatto che «in Svizzera ve ne sono parecchi a rischio, un buon numero dei quali legati, come detto, ai frontalieri. Per questo anche la nostra politica, a tutti i livelli istituzionali, deve occuparsi dell’argomento in tempi celeri. Stiamo parlando - per dare un ordine di grandezza facilmente riconoscibile - di qualche migliaio di lavoratori a rischio. Peraltro se oggi la merce parte dal territorio italiano e va in Svizzera in esenzione Iva - che poi viene pagata dal cliente svizzero (l’Iva è pari all’8,1%) -, con un allentamento importante dei controlli, ci potrebbero essere ripercussioni importanti anche sulla fiscalità italiana. La decisione del Consiglio nazionale va assolutamente corretta in Consiglio degli Stati».

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