
Economia / Como città
Mercoledì 02 Luglio 2025
Stop al lavoro all'aperto nelle ore più calde. «Ordinanza sbagliata»
Il dibattito Ance e Confartigianato Como contro la misura decisa dalla Regione e in vigore fino al 15 settembre. «Generica e troppo rigida; peggiora la situazione»
Como
L’ordinanza regionale che vieta il lavoro all’aperto nelle ore più calde rischia di compromettere la produttività e generare costi aggiuntivi per le aziende. Pur condividendo l’obiettivo di tutelare i lavoratori, alcuni settori contestano la scarsa chiarezza del provvedimento e le tempistiche troppo ristrette.
Attilio Fontana, presidente di Regione Lombardia, ha firmato ieri un provvedimento, in vigore da oggi fino al 15 settembre, che impone la sospensione delle attività tra le 12.30 e le 16 in cantieri edili, cave, aziende agricole e florovivaistiche nei giorni in cui il sito Worklimate segnala un rischio “alto” per attività fisica intensa sotto il sole.
L’ordinanza impone una riorganizzazione dei cantieri dove le attività dovranno essere concentrate nelle ore mattutine, interrompere il lavoro e riprenderlo nel pomeriggio è spesso impraticabile: «La salute dei lavoratori è una priorità, le imprese da tempo evitano di svolgere le lavorazioni più pesanti nelle ore più calde – sottolinea Francesco Molteni presidente Ance Como – Il provvedimento risulta però troppo generico, serve chiarezza sui tipi di lavorazioni vietate e sui criteri per identificare le giornate critiche, non è realistico basare l’organizzazione del lavoro su aggiornamenti giornalieri, le imprese hanno bisogno di un orizzonte temporale di almeno qualche giorno per potersi organizzare».
I costi
Rendendo difficile garantire l’intera giornata lavorativa, molte aziende si troveranno costrette a ricorrere alla cassa integrazione per motivi legati al caldo eccessivo e non solo: «La riduzione della produttività comporterà un inevitabile allungamento dei tempi di esecuzione - prosegue Molteni - E’ fondamentale prevedere la possibilità di rivedere i contratti alla luce di questo provvedimento straordinario».
La riorganizzazione
«Anche i Comuni devono recepire rapidamente la situazione consentendo una maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro – aggiunge Virgilio Fagioli presidente settore Costruzioni Confartigianato Como – Se l’attività deve essere sospesa dalle 12.30 alle 16, di fatto il pomeriggio diventa inutilizzabile. Considerando che attualmente non è consentito iniziare prima delle 8, sarebbe utile poter anticipare l’avvio alle 7, questo permetterebbe di recuperare almeno un’ora produttiva al mattino e, se necessario, interrompere le attività a metà giornata». Gli imprenditori edili sono consapevoli delle temperature elevate di questi giorni: «Le aziende stanno già facendo il possibile per evitare i lavori pesanti in determinate fasce orarie – evidenzia Fagioli – Non è semplice chiedere a un dipendente di lavorare fino alle 12.30, fermarsi e poi riprendere alle 16.30, anche perché spesso i cantieri non sono sotto casa. L’ordinanza attuale in un certo senso peggiora la situazione, prima si riusciva quantomeno a proseguire fino alle 14, ora non è più possibile».
Nel provvedimento sono citate anche le aziende agricole e florivivaistiche: «È fondamentale conciliare la necessità di portare avanti il lavoro nei campi con la salute degli operatori – dichiara Fortunato Trezzi presidente Coldiretti Como Lecco - Le aziende devono adottare ogni precauzione per ridurre i rischi legati al caldo torrido, dall’uso di dispositivi di protezione, alla riorganizzazione degli orari di lavoro, privilegiando le prime ore del mattino o le ore notturne». «Tra luglio e settembre, maturano alcune delle nostre eccellenze, dall’uva ai cereali, fino a numerosi ortaggi, e garantire la raccolta è essenziale per evitare perdite produttive e ripercussioni sulla filiera – conclude Trezzi - In questa fase delicata è indispensabile adottare strategie che proteggano sia i lavoratori sia le colture, assicurando acqua a sufficienza, pause frequenti e l’interruzione delle attività nelle ore più torride».
L’ordinanza regionale riguarda principalmente le attività svolte all’aperto.
Viene fatta però una precisazione per chi opera in ambienti chiusi non climatizzati: «dove le condizioni termiche siano influenzate dalle condizioni meteoclimatiche esterne, è raccomandato il rispetto delle “Linee di indirizzo per la protezione dei lavoratori dal calore e dalla radiazione solare”».
«Nelle aziende dove si produce ci sono situazioni che differiscono di molto l’una dall’altra, una tessitura per esempio è meno calda rispetto a una tintoria dove si rilevano temperature più alte e più umidità» osserva Graziano Brenna imprenditore tessile e presidente Fondazione Setificio.
Le problematiche si aggravano quando al caldo si aggiunge appunto l’umidità.
«Cerchiamo di adottare tutte le soluzioni possibili per rendere il lavoro meno pesante e più sicuro, ad esempio installando ventole nei reparti per aspirare l’aria calda e umida. È un modo per attenuare il disagio, anche se non risolve del tutto il problema. Proprio quest’anno abbiamo introdotto anche impianti di refrigerazione che, tramite ventole, diffondono micro-goccioline d’acqua nelle aree della tintoria. Sono piccoli accorgimenti che, pur non essendo risolutivi al cento per cento contribuiscono ad alleviare almeno in parte i disagi causati dalle alte temperature».
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