Economia / Como città
Mercoledì 03 Dicembre 2025
«Un centro di calcolo per l’area lariana. Così più competitivi»
L’intervista Gianluca Brenna, presidente di Confindustria Como sottolinea l’urgenza di investire in infrastrutture digitali come i Data Center
Il dibattito sulla trasformazione digitale non è più confinato alle aule universitarie o ai laboratori di ricerca: è entrato nell’agenda politica ed economica come chiave di volta per la competitività territoriale. In questo scenario, l’Area Vasta Como-Lecco-Sondrio, forte delle indicazioni emerse dallo studio strategico di The European House - Ambrosetti, sta spingendo con convinzione la candidatura per ospitare un Data Center o, nella sua versione più innovativa, un Centro di calcolo quantistico. Non è tema banale, al contrario Gianluca Brenna, presidente di Confindustria Como, sottolinea quanto uno strumento di questo genere sa rilevante per la competitività del territorio.
Presidente Brenna, anche Draghi ha sottolineato quanto l’Europa rischi di restare indietro su una materia chiave come l’Intelligenza Artificiale. In questo contesto, come si colloca il dibattito sui Data Center?
Draghi ha ribadito che, se l’Europa non sviluppa l’Intelligenza Artificiale, rischia la stagnazione. Questa è esattamente la ragione per cui dobbiamo investire in infrastrutture digitali. La rivoluzione digitale fin qui è stata spinta dai piani 4.0 e 5.0 e ha portato le imprese a digitalizzare le linee di produzione e le macchine, accumulando enormi quantità di dati. Ora, siamo alla seconda fase: dobbiamo imparare non solo a leggere questi dati, ma a utilizzarli per fini previsionali e per l’ottimizzazione dei processi produttivi dell’impresa. Per fare questo, serve capacità di calcolo, servono modelli di predizione e un’infrastruttura che oggi non abbiamo. L’Intelligenza Artificiale, come strumento per aiutarci nelle scelte e nei modelli predittivi, necessita di capacità di calcolo imponenti. Agganciare questa nuova rivoluzione è vitale, non è possibile sottrarsi.
Quanto un’infrastruttura del genere può essere un fattore di competitività per il territorio?
Si tratta di un fattore chiave. Non è un caso, del resto, se, quando si scelgono le località per i centri di calcolo, pesino la vicinanza alle reti di fibra ottica e la prossimità a un sistema di imprese che ha bisogno di quella capacità. Non ha senso mettere un centro di calcolo nel deserto: serve chi lo usa e il tessuto produttivo che popola il nostro territorio si configura che il contesto ideale per una struttura di questo genere.
Un data center è una struttura energivora e richiede un raffreddamento costante. Come si concilia questo con il tema della sostenibilità, centrale anche per la vostra associazione?
Il punto è guardare all’intero ciclo. È vero che il centro di calcolo in sé è energivoro, ma dall’altra parte fa risparmiare un sacco di energia quando digitalizza e ottimizza i processi produttivi dell’industria. La sommatoria finale, a ciclo completo, è positiva e rende la tecnologia sostenibile. Lo studio strategico di Ambrosetti del resto ha messo in evidenza un elemento chiave: l’area vasta Como-Lecco-Sondrio è quella con la più alta produzione di energia rinnovabile. L’idea di unire un’infrastruttura digitale orientata al futuro con la sostenibilità energetica sarebbe un vantaggio competitivo straordinario.
Il sottosegretario Butti ha accennato un anno fa alla possibilità di dislocare un centro di calcolo qui. A che punto è la vostra candidatura e qual è l’obiettivo?
Il sottosegretario Butti ha indicato il progetto come una reale possibilità e noi siamo pronti a rispondere alla sollecitazione del Governo con un messaggio molto chiaro: “Questo territorio c’è, siamo pronti, valutiamo insieme dove insediarlo e cosa fare”. La nostra ambizione rimane quella di mettere a terra le indicazioni contenute nello studio strategico di Ambrosetti.
Butti ha parlato anche di un “Centro di Calcolo Quantistico”, paragonandolo a una sorta di “Pila di Volta” del terzo millennio in onore delle celebrazioni per lo scienziato comasco.
Sì, c’è stato un riferimento a un possibile lascito per le celebrazioni di Volta: la tecnologia dei quanti come centro di calcolo. Questa sarebbe la scintilla paragonabile alla Pila di Volta di 200 anni fa, qualcosa che sta alla frontiera tecnologica e che può consentire al territorio di diventare più attrattivo, non soltanto con riferimento alla competitività delle aziende. Dal punto di vista urbanistico stiamo parlando di una struttura di dimensioni limitate, non dobbiamo immaginare una “gigafactory”. La nostra aspirazione, in questa fase è partecipare ai lavori che fanno capo al Ministero e dire: “noi ci crediamo, noi ci siamo”.
Un’infrastruttura così avanzata non serve solo all’industria, ma richiede anche un ecosistema di competenze. Qual è il ruolo dell’Università dell’Insubria in questo progetto?
La questione delle competenze è centrale. Il data center o, ancor più, un supercomputer quantistico, non è un’infrastruttura solo per il mondo dell’industria. L’Università dell’Insubria, per esempio, che intende far partire una facoltà di farmacia che avrebbe bisogno di capacità di calcolo per l’elaborazione e l’individuazione di nuovi farmaci. Inoltre, per il centro di calcolo quantistico, occorrono competenze in ambito matematico e fisico, due materie che l’Insubria già ora presiede con altrettanti corsi di laurea. I vantaggi sarebbero reciproci: l’infrastruttura alimenta la ricerca, e l’università forma il capitale umano necessario.
Quanto sono avanti le imprese del territorio in questa transizione digitale verso l’AI?
C’è stata una grande opportunità per cogliere la prima fase della digitalizzazione con Industria 4.0 e 5.0, e credo che le aziende abbiano investito molto. Però c’è ancora spazio in abbondanza, soprattutto nell’implementazione dell’Intelligenza Artificiale, che è un mondo in rapidissima evoluzione. Come associazione, stiamo già lavorando per supportare le nostre aziende, ad esempio nel settore tessile, dove l’interesse è elevatissimo. Il dinamismo del cambiamento è tale che ci impone del resto di accelerare la nostra partecipazione a questo processo, altrimenti il rischio di rimanere indietro diventa terribile. Dobbiamo interpretare i cambiamenti e cogliere le opportunità, altrimenti ci penserà qualcun altro prima di noi».
Qual è l’orizzonte temporale che immaginate per questo progetto cruciale?
Sarebbe molto bello se, in un orizzonte di qualche anno, potessimo in qualche modo vedere i lavori già partiti, o almeno aver concluso la fase istruttoria e decisionale in tempo per le celebrazioni legate a Volta. È un’operazione che portiamo avanti in un’ottica di area vasta con Lecco e Sondrio, ragionando in modo congiunto per lo sviluppo dell’intero territorio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA