Italia e Como a colori
Ma il Comune resta grigio

Magari adesso le cose sono cambiate, ma tempo fa un integerrimo ufficiale dell’esercito italiano, ligio al regolamento, rifiutò di uscire con l’impermeabile di ordinanza nonostante il cielo minaccioso, perché le norme imponevano l’utilizzo di quel capo di abbigliamento solo a partire da una certa data. Risultato: rientrò in caserma più bagnato di una covata di pulcini e dettò al suo segretario una nota che consentiva la deroga.

L’impressione è che il Comune di Como non sia riuscito neppure a essere così avveduto dopo una burocratica sventatezza. Altrimenti non si capirebbero le ragioni per cui solo oggi, dopo due weekend in zona gialla, a palazzo Cernezzi si sia deciso di adottare qualche provvedimento anti assembramento, peraltro piuttosto limitato.

La domanda che resta sospesa è perché negli altri fine settimana sia stato consentito il “liberi tutti”, con le conseguenze che abbiamo avuto modo di vedere ieri, perché il caos spaventoso è anche figlio dei “no limits” precedenti. In particolare la domenica di San Valentino. Chi è stato costretto a muoversi con l’auto all’interno della convalle e nelle strade di accesso alla medesima si sarà chiesto per quale ragione a dicembre non sia stata organizzata la Città dei Balocchi, visto che il livello di caos, anche pedonale all’interno della Città murata e sul lungolago, non era minore di quello delle giornate festive che precedono il Natale ai tempi in cui erano allestite le tradizionali attrazioni.

Se in quella occasione, il sindaco Mario Landriscina oltre che inerte era rimasto muto, nel fine settimana successivo ha voluto spiegare l’andazzo, anzi il non andazzo visto che non è stato fatto nulla neppure quella volta. Ed è sembrata l’esemplificazione del celebre motto veneto che parla del “tacon peggio del buso” (traduzione: “Peggio la toppa del buco”). «Non facciamo nulla – ha detto in pratica chi per sorte e volontà dei comaschi riveste la carica di primo tra loro – perché tanto ormai la gente non la tieni più. Tutti vogliono uscire e comunque non abbiamo abbastanza vigili poiché c’è anche la partita del Como». E già, in effetti, la squadra sta andando bene, è prima in classifica e certo si rischiava il tutto esaurito allo stadio Sinigaglia. Come dite: che a causa della pandemia le partite si giocano senza pubblico? E allora a cosa servono i vigili?

C’è qualcuno dei 25 lettori di questo spazio che critica l’abuso di citazioni. Ma di fronte a questo quadretto, appare inevitabile richiamare un vecchio sketch in cui Walter Chiari si calava un cappello sulle orecchie e dialogava con la sua spalla, Carlo Campanini, senza offesa per nessuno.

Il fatto che questa volta si sia deciso di istituire i sensi unici pedonali e chiudere la diga foranea, cioè di battere un colpo come già, nei precedenti periodi a rischio assembramento hanno fatto altre città, fa credere che forse sia scattato il calendario militare di cui all’inizio, perché stiamo entrando nella primavera. Oppure che sia giunto un input dall’alto.

Nel frattempo, però, lo dicono i dati, nelle ultime due settimane, guarda caso quelle scattate nell’imminenza della domenica di San Valentino, i contagi nel Comasco hanno registrato un’impennata che rende il nostro territorio secondo solo a quello bresciano, dove la situazione è pesantissima per il dilagare della variante inglese del Covid, come rapporto tra positivi e abitanti. E’ chiaro che non c’è, e non potrebbe neppure esserci, un’evidenza scientifica tra questa situazione e gli assembramenti dei due weekend di zona gialla e bel tempo. Però non esiste neppure la prova contraria. L’impressione, evidente, è che il Comune di Como abbia inseguito il virus anziché prevenirlo. Senza essere virologi o qualunque altro “ologo” è ovvio che si tratta di una strategia sbagliata. Purtroppo messa in atto sulla salute dei cittadini il che è peggio che l’approssimazione sull’urbanistica o sui lavori pubblici. L’idea dell’assenza, salvo le cose essenziali e imprescindibili, dell’amministrazione comunale su un’emergenza che ha già spento la prima candelina appare abbastanza lampante. E non solo per le misure anti assembramento del weekend. È mancato un ragionamento sugli spazi della città, che non sono solo nuovi parcheggi subcentrali, ben vengano comunque, in funzione di una realtà sociale che il virus ha cambiato e non tornerà mai come prima neppure quando il nemico finalmente sarà stato annientato. Non che altre città abbiano fatto mirabilie, in verità, ma qualche colpo l’hanno battuto. L’attuale managment di palazzo Cernezzi invece ha mantenuto il suo stile amorfo tipico degli ormai quattro anni di mandato. Mentre i colori della città, della provincia e della regione continuano a mutare passando dal bianco, al giallo, all’arancione e al rosso, quello del Comune restava sempre grigio.

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