La pandemia, la scienza
e il vizietto degli italiani

E così, è bastata una semplice pandemia per far sì che anche lo Scienziato, il Virologo, l’Epidemiologo, l’Infettivologo si trasformasse in una simpatica macchietta.

Non c’è niente da fare, il nostro paese non riesce, ma proprio non riesce, a reggere la dimensione tragica più di qualche settimana. Poi, piano piano, anche l’evento più funesto inizia a trascolorare inevitabilmente nel grottesco. È sempre accaduto in passato ed è accaduto pure stavolta. E dire che stavolta sembrava diverso, sembrava che ce l’avessimo fatta a trovare un riferimento solido, autorevole, inscalfibile, alieno da tutta la fuffa, tutta la spazzatura che ingorga il nostro consorzio civile, il nostro dibattito politico e, soprattutto, la visione del mondo di noi popolo bue. Sembrava che, nel bel mezzo della più clamorosa delle crisi, avessimo individuato un faro, una stella polare, una bussola integerrima e salvifica alla quale affidare le nostre povere anime sballottate dalla paura, dall’ignoranza, dal panico per la propria vita e quella dei propri cari.

Una vera fonte sapienziale che facesse finalmente piazza pulita dello spurgo sgorgato negli ultimi anni dalla chiavica planetaria del web e dell’uno vale uno e del primo che si alza comanda e del più pulito c’ha la rogna e del complottismo e del dietrologismo e del benaltrismo e di tutto il resto del liquame che infanga giornali, televisioni e siti dell’universo mondo.

Era la rivincita tanto attesa dell’esperto, del competente, dello studioso, dell’èlite, del barone, che sa quello che dice perché ha studiato e lavorato e parametrato i suoi risultati con quelli della comunità di eletti cui appartiene per merito e non per diritto dinastico e che dall’alto di quella scienza e coscienza può dire alle genti - sostituendosi bellamente a quegli inetti dei politici - cosa fare e cosa non fare, come comportarsi e come non comportarsi, fino a decidere di privarla di alcune libertà fondamentali costituzionalmente garantite. E noi eravamo d’accordo, altroché, perché avremmo sopportato qualsiasi sacrificio pur di consegnare in mani sicure il nostro futuro.

Poi però, giorno dopo giorno, comparsata televisiva dopo comparsata televisiva, abbiamo iniziato a vedere cose strane, dichiarazioni leggermente contraddittorie quali, ad esempio, il noto virologo che a marzo tuonava contro tutti quelli che non volevano rispettare la clausura più totale e assoluta, ma che a febbraio aveva ironizzato sul fatto che in Italia era più facile essere colpiti da un fulmine che venire contagiati dal Covid, quell’altro che prima chi metteva la mascherina era un pirla e poi guai a voi se non vi mettete la mascherina, quell’altra che in fondo il coronavirus è poco più di un’influenza e della quale, dopo la prima carrettata di morti, si sono perse le tracce, quell’altro ancora che è tutto un complotto dei poteri forti per speculare sulle vaccinazioni, ma che invece il mese dopo chi non si vaccina è un criminale. Tutto vero.

E la faccenda si è fatta ancora più inquietante quando i meglio scienziati del bigoncio, nel bel mezzo della strage, hanno iniziato a battibeccare tra loro come in un’assemblea condominiale di Aci Trezza: il primo che ha dato dell’asino al secondo, il secondo che ha dato del cialtrone al primo, supportato dal terzo, che a sua volta ha detto che se il quarto lo candidano al premio Nobel lui partecipa a Miss Italia, il quinto che se lui insegnasse in un ateneo di periferia come il sesto si andrebbe a nascondere, il settimo che lei non sa chi sono io, l’ottavo che a lui lo ha rovinato la guerra, e comunque il quarto è un pistola, fino al disastro definitivo quando nientemeno che il premio Nobel e scopritore del virus dell’Hiv, il francese Luc Montagnier, ha rivelato in diretta televisiva che il Covid 19 è stato creato in laboratorio, è sfuggito dal controllo dei cinesi e che comunque si estinguerà da solo durante l’estate. Bene, a noi profani sembrava che un’uscita del genere da parte dalla più autorevole delle fonti avrebbe messo una parola definitiva - e meravigliosa - sul dibattito. E invece, passati tre nanosecondi, da tutta la comunità scientifica mondiale si è scatenato l’inferno: rimbambito, babbeo, asino, ubriacone, pagliaccio, macchietta, una gragnola di insulti, macché, neanche di insulti, di irrisioni, di risate, di sghignazzate, di sganasciate, come se avesse appena parlato lo scemo del villaggio, che ancora un po’ anche l’ultimo degli ubriachi della fiaschetteria si sentiva in dovere di prendere il povero Nobel a gatti morti in faccia.

E quando alla fine, il veleno è sempre nella coda, si è saputo che i più famosi e mediatici e fotogenici grandi esperti del coronavirus si pappano per ogni loro apparizione in video pesantissimi gettoni di presenza, tra le italiche genti, unite come una sineresi, si è scatenato un moto di belluina rivolta sanguinosa contro i nuovi dittatori, che covava da settimane e che si è manifestata con le stesse identiche modalità di Fantozzi dopo la proiezione della Corazzata Potemkin: “Il coronavirus è una cagata pazzesca!”. Novantadue minuti di applausi…

La verità è che anche gli scienziati sono esseri umani e come tali non sanno che pesci pigliare di fronte a un fenomeno del tutto nuovo e imprevedibile ma, soprattutto, che sono vittime delle stesse tentazioni di tutti gli esseri umani anonimi e sconosciuti: la fama, la ribalta, la notorietà. Ma la verità vera è che gli italiani sono fatti così, non sono fatti per assegnare per sempre tutto il potere a uno solo. Lo fanno, certo che lo fanno, ma solo per periodi brevi. E così come lo hanno issato sull’Olimpo, poi lo attaccano per i piedi al primo lampione di piazzale Loreto. Alla fine, aveva ragione Il Puma in quella celebre scena di “Romanzo criminale” quando dice al Libanese: “Roma non vuole capi”. E neppure gli italiani. Siamo fatti così. A noi non piacciono le regole, i decreti, i divieti. Nonostante tutto, a noi piace andare avanti a farci gli affaracci nostri.

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