Accusa un infermiere sui social: «Uccide i pazienti». Condannata per diffamazione

Barni Lo avrebbe accusato via Facebook anche di furti all’interno della Rsa. Per la donna pena di un anno e tre mesi e settemila euro di risarcimento

No, sui social non si può scrivere quello che si vuole senza risponderne anche in sede penale. Lo sa bene una donna di Barni di 53 anni, condannata dal giudice monocratico del Tribunale di Como Maria Elisabetta De Benedetto alla pena per nulla leggera di un anno e tre mesi per diffamazione a mezzo stampa, con in più 7 mila euro di risarcimento provvisionale alla parte lesa (rappresentata dall’avvocato Roberto Melchiorre) in attesa di una futura definizione in sede civile, e tremila euro di spese legali.

«I nonni li uccidono loro»

La sospensione della pena, in aggiunta, è stata subordinata proprio al pagamento di questa provvisionale a favore di un trentanovenne infermiere di una Rsa del Triangolo lariano, la Croce di Malta di Canzo, accusato senza mezzi giri di parole di uccidere gli ospiti della struttura. Frasi già di per sé pazzesche, che furono per di più scritte su una pagina social molto vista e nei giorni caldi del Covid, quando davvero nelle Rsa lombarde la situazione era complicata per la pandemia che stava travolgendo il mondo.

Insomma, in una clima come quello vissuto in quei mesi – siamo a giugno del 2020 – una simile accusa avrebbe tranquillamente potuto scatenare il pandemonio, soprattutto perché non veritiera e, come sentenziato dal giudice, fortemente diffamatoria.

Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo a quanto accadde in quella Rsa comasca dove l’infermiere lavorava. La situazione era delicata, le giornate ricche di preoccupazione, e su Facebook comparvero le accuse poi finite nel capo di imputazione: «Io dico che i nonni li uccidono loro», «a parte il Coronavirus, andate a vedere la dentro». Il riferimento era all’infermiere, accusato di rubare anche all’interno della Rsa «mascherine e pannolini» per la famiglia, moglie e figli che aveva anche fatto scappare prima dello scoppio della pandemia. Solo che moglie e figli erano in realtà rimasti bloccati all’estero, impossibilitati a rientrare, proprio in seguito all’esplosione del Covid.

Niente carcere se pagherà 7mila euro

Inoltre, dell’infermiere accusato di uccidere gli ospiti della casa di riposo dove lavorava, erano stati indicati anche il luogo di residenza e pure l’auto utilizzata, tutto pubblicato sui social in una pagina visibile a moltissime persone. Fu una collega dell’infermiere a fargli notare quello che stava avvenendo.

La vicenda è poi inevitabilmente – vista la gravità – finita in un fascicolo di indagine della procura di Como che ha portato in aula, di fronte al giudice monocratico, la cittadina dalla tastiera facile: Melina Fontana. L’epilogo di questa storia – come tante ce ne sono oggi, sempre di gente convinta che sui social si possa scrivere qualsiasi cosa – è stato in un’aula di tribunale con la pesante condanna ad un anno e tre mesi che sarà sospesa solo dopo il pagamento dei settemila euro di provvisionale alla parte lesa.

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