Inverigo, l’ex compagna si è salvata scappando dalle scale, ora ha una prognosi di 10 giorni: l’uomo ha tentato di ucciderla

Inverigo Purtroppo non ci sono dubbi sulla dinamica della tragedia: Maurizio Beghè ha tentato di uccidere l’ex compagna. Non ci è riuscito e si è poi tolto la vita

Dieci giorni di prognosi per la ferita da arma da fuoco, di striscio, alla parte sinistra del volto. Un colpo esploso con una traiettoria dall’alto in basso, successivo verosimilmente alla fuga della vittima lungo le scale. E’ questo il referto (e la prognosi) con cui l’ospedale ha dimesso la trentaduenne ex compagna di Maurizio Beghè, il sessantunenne originario della Toscana e residente in provincia di Como, che la scorsa settimana in una corte di Cremnago di Inverigo ha sparato per uccidere – senza riuscirsi – per poi togliersi la vita.

Non ci sono dubbi, sulla dinamica di quanto accaduto. Beghè, che non aveva il porto d’armi, avrebbe voluto nelle intenzioni uccidere la ex compagna con la quale da tempo litigava e poi togliersi a sua volta la vita. Per questo motivo, come riportato ieri da La Provincia, aveva anche lasciato una lettera per le proprie bambine, di 6 e 8 anni, già prefigurando quello che avrebbe dovuto compiere: «Il vostro papà vi vuole bene. Mamma e papà da lassù vi proteggeranno sempre».

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Il piano criminale non è però riuscito nella sua interezza perché la compagna è stata colpita allo zigomo, ma solo di striscio con una prognosi di appena dieci giorni. L’epilogo è purtroppo noto: Beghè si era poi chiuso in camera con la Beretta 6.35 che impugnava togliendosi la vita, proprio mentre i carabinieri della stazione di Lurago d’Erba facevano irruzione nei locali grazie alle chiavi lanciate dalla finestra dalle figlie della coppia.

L’indagine, seppur completa da un punto di vista della ricostruzione dei fatto, ha però svoltato decisamente in un’altra direzione, quella della pistola. I carabinieri della Compagnia di Cantù vogliono infatti capire dove Beghè possa aver acquisito quell’arma, che non è risultata avere la matricola abrasa – non è quindi clandestina – ma che non figura nei database a disposizione delle forze dell’ordine. Il modello tra l’altro è vecchio, potrebbe essere frutto di un furto, oppure potrebbe essere stata comprata in modo illegale.

Per questo motivo il Nucleo operativo e radiomobile procederà ora interpellare la casa produttrice, nel tentativo – come primo passo – di risalire alla data e al luogo in cui quell’arma era stata venduta per la prima volta, se ad esempio in Italia oppure all’estero.

Poi, come in un tentativo di scalata di una montagna, passo dopo passo, si procederà nel tentativo di delimitare sempre di più la circolazione della Beretta 6.35 che ha posto fine alla vita di colui che la impugnava e che non aveva il porto d’armi.

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