
Rapimento Mazzotti, in aula i ragazzi della scuola di Cristina
Il processo In Tribunale gli studenti di una classe quinta del liceo classico Carducci di Milano. La sentenza fra tre mesi e mezzo

Como
Suona la campanella e sembra quella della scuola. Ma l’aula non è di un liceo, bensì della Corte d’Assise di Como. Eppure in piedi, davanti ai loro banchi virtuali, ci sono le studentesse e gli studenti di un istituto superiore di Milano. Il liceo classico Carducci. Il liceo dove studiava Cristina Mazzotti.
La penultima udienza del processo per il sequestro, a Eupilio, e l’omicidio della studentessa diciottenne si trasforma in una lezione sul campo. Ma anche «in un gesto forte di cittadinanza» per dirlo con la voce di Amelie, 17 anni, una delle ragazze del Carducci. Anzi: la giovane che ha portato la storia di Cristina nella sua classe. E la sua classe a essere presente al processo, accanto alla famiglia Mazzotti.
L’attesa per la sentenza
Udienza dedicata alle ultime arringhe difensive, quella di ieri. E terminata a metà pomeriggio con l’annuncio del presidente della Corte d’Assise: la sentenza arriverà il 4 febbraio dell’anno prossimo. Quasi quattro mesi di attesa. Sembrano un’enormità. Ma la scelta di far passare così tanto tempo è legata alla necessità, soprattutto da parte dei giudici popolari, di rileggersi quanto accaduto, di ritrovare gli atti citati da accusa e difesa nelle loro conclusioni, di familiarizzare con i 13 faldoni che compongono questo processo.
I ragazzi
Ma al di là della data dell’attesa sentenza, la vera notizia dell’udienza di ieri era la presenza di così tanti giovani in aula. Alcuni con la maglia dell’associazione Libera dalle mafie, come Leonardo Verza (che non si è perso una singola udienza dall’inizio del processo): «Siamo qua per avere la verità che da 50 anni la famiglia Mazzotti sta cercando. La criminalità organizzata purtroppo non è un fenomeno molto sentito, dai giovani». A meno che, questi giovani, non siano coinvolti: «I ragazzi hanno tutti l’età di Cristina quando è stata sequestrata - spiega Gabriele Ambrosio, uno dei referenti di Libera - In particolare Leonardo e Amelie hanno fatto un campo di Libera dove hanno conosciuto Arianna Mazzotti, la nipote di Cristina. I ragazzi se li coinvolgi sono interessati. Bisogna aiutarli a trovare tracce della lotta antimafia. E allora vediamo che in questi ragazzi l’entusiasmo per certi temi c’è».
Alice Accardi, professoressa di lettere del Carducci, spiega com’è nata questa lezione sul campo: «Negli anni passati con la classe abbiamo fatto dei progetti antimafia e di educazione alla legalità. Cristina è stata una studentessa del nostro Liceo e l’anno scorso abbiamo intitolato un’aula in sua memoria. I ragazzi sono quindi già sensibilizzati. La partecipazione al processo è invece dovuta all’interessamento di una studentessa che fa parte dell’associazione Libera e ha raccontato la sua esperienza ai compagni, che si sono molto interessati e hanno chiesto se potessero partecipare».
Così, eccoli qui in aula: « «Da un lato i ragazzi credono che la mafia sia qualcosa di distante. Ma quando racconti vicende che riguardano loro coetanei, allora riesci a coinvolgerli. Ci vuole un’educazione su questi temi. Bisogna formarli, raccontare delle storie, proporre un percorso». Percorso che la scuola itlaiana non ha: «Vero, purtroppo manca il tema della criminalità organizzata nella didattica e nel piano d studi. Viene demandato alla sensibilità del singolo insegnante, ma non dovrebbe essere così. Dovrebbe essere qualcosa di istituzionalizzato, così che tutti possano uscire maggiormente coscienti di questo fenomeno».
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