Strage di Erba, il magistrato della Procura generale: «Revisione». Ma nell’atto non si trova traccia di nuove prove

Erba Il documento del sostituto procuratore generale non evidenzia alcun elemento inedito, solo suggestioni della difesa. Il magistrato getta illazioni sulla correttezza di Procura e carabinieri. Ma ignora almeno otto elementi dell’accusa

Non c’è alcuna nuova prova inedita, nell’atto firmato dal sostituto procuratore generale Cuno Tarfusser per chiedere al suo capo e all’avvocatura dello Stato di formalizzare una richiesta di revisione per la strage di Erba. Anzi: nella sua memoria il magistrato si sofferma soltanto su tre elementi a carico di Rosa Bazzi e Olindo Romano, ignorando tutti gli altri elementi che hanno pesato per la loro condanna all’ergastolo. Non solo: ma mentre su carta intestata della Procura Generale ventila possibili illeciti commessi dai carabinieri e dalla Procura di Como, dall’altro mette nero su bianco una procedura di “revisione” quantomai irrituale.

L’atto del sostituto procuratore generale

Finalmente abbiamo potuto leggere le 58 pagine con le quali il sostituto pg Tarfusser vorrebbe sollecitare, 16 anni dopo, la riapertura dell’eccidio di via Diaz. Un atto che si apre con l’ammissione, da parte dello stesso magistrato, del curioso iter seguito per giungere alla relazione che tanto sta facendo discutere.

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«Nell’autunno del 2022 gli avvocati Fabio Schembri e Paolo Sevesi chiesero allo scrivente un appuntamento perché volevano sottoporre alla mia attenzione una questione, così la definirono, tanto riservata quanto delicata». Solitamente, eventuali richieste di revisione seguono procedure codificate, non canali preferenziali. Lo stesso magistrato ammette l’anomalia: «Il motivo per cui i due avvocati mi hanno chiesto l’incontro era quello di chiedermi se, quale rappresentante dell’Ufficio della Procura Generale, potevo immaginare di presentare, un ricorso per revisione , in quanto la richiesta proveniente dall’Autorità Giudiziaria requirente, avrebbe certamente una particolare peso e credibilità».

Dopo l’incontro (del quale non risulta essere stato informato il capo della Procura Generale), il magistrato scrive di aver consultato atti del processo (senza indicare quali) ma soprattutto di aver «letto e visionato ogni possibile fonte aperta» anche qui senza indicare quali (un pubblico ministero deve citarli, in un atto giudiziario). Quindi, dopo aver inquadrato normativamente l’istituto della revisione, il sostituto procuratore generale indica le tre prove regine (a suo insindacabile giudizio) che avrebbero pesato sulla condanna di Rosa Bazzi e Olindo Romano: le confessioni, il riconoscimento di Frigerio, la macchia di sangue di Valeria Cherubini sul battitacco della Seat Arosa di Olindo. E lo fa senza citare una sola nuova prova, ma semplicemente prendendo per buona la consulenza di parte (frutto di un lavoro improbo) presentata dalla difesa.

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Prove e suggestioni

Quindi, una consulenza diventa - a giudizio del pg - una prova. Per dire: che Frigerio è stato manipolato nella memoria (peccato che in un passaggio lo stesso procuratore incappa nella suggestione, tanto cara agli innocentisti, riguardo le intercettazioni nella stanza d’ospedale di Mario Frigerio scomparse il giorno di Natale ipotizzando falsi e complotti... ma dimenticando di accertare la spiegazione più semplice: il 24 Frigerio è stato spostato di reparto e non c’è stato tempo di approntare un’intercettazione nella nuova stanza). E ancora: sulla macchia di sangue sull’auto di Olindo, anche qui siamo alle illazioni già note in seguito alla campagna mediatica innocentista (la foto non scattata, le firme degli operanti... ma la conclusione è una soltanto: carabinieri e Procura di Como hanno falsificato degli atti giudiziari? Accusa di non poco conto). Infine: le confessioni sarebbero state estorte. E questo sulla base di elementi suggestivi, ma senza alcun appiglio concreto.

Piuttosto, l’atto di proposta di revisione dimentica almeno otto elementi che pesano sull’accusa: chi, al di fuori dei condomini, era in grado di aprire il quadro elettrico per staccare la corrente, come confessato da Olindo ? E allora, chi tra i condomini, aveva un movente contro Marzouk o la famiglia Castagna, se non i coniugi Romano? Ancora: chi era in grado di allontanarsi dal luogo del delitto senza lasciare traccia all’esterno della corte, a differenza delle persone che disponevano di un garage dove cambiarsi d’abito su un tappeto poi gettato via? L’atto del pg non chiarisce neppure per quale motivo uno sconosciuto avrebbe dovuto perdere tempo a incendiare l’abitazione e, poi, preoccuparsi di uccidere i vicini di casa, se non fossero stati in grado di riconoscere i killer. La confessione: come hanno fatto, visto che non vi è prova di atti svelati, i due coniugi a dare la stessa versione sulla dinamica dei fatti, le armi, i punti di innesco dell’incendio e persino il colore dell’accendino utilizzato? E quale motivo avrebbe mai avuto Olindo per rivendicare sulla Bibbia, in carcere, il delitto commesso, se non quello di essere lui stesso l’assassino? L’alibi: perché cambiare abitudini proprio quella sera, mangiare oltre due ore dopo il normale per poter mostrare ai carabinieri lo scontrino di un fast food di Como?

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La norma sulla revisione del processo parla chiaro: se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto, allora si procede alla revisione. La Cassazione ha sottolineato come «per l’ammissibilità della richiesta di revisione basata sulla prospettazione di una nuova prova, il giudice deve valutare non solo l’affidabilità della stessa, ma anche la sua persuasività e congruenza nel contesto probatorio già acquisito». Cioè devono essere clamorose e tali da ribaltare anche le prove a carico acquisite per la condanna. Le prove a carico, nell’atto del Pg, vengono dimenticate. Le sole tre suggestioni, non contengono alcun nuovo elemento (salvo una consulenza di parte). Basteranno davvero 58 pagine di un singolo magistrato per riaprire un caso sul quale 26 giudici si sono già espressi chiaramente?

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