Valanga in Engadina, scialpinista di Rezzago muore a 41 anni

La tragedia Fabio De Marco tava facendo scialpinismo con gli amici, quando è stato travolto insieme a un compagno. Appassionato di montagna e istruttore nella scuola di Alpinismo dell’Alto Lario, lascia una bambina di sei anni

È di due scialpinisti morti e un terzo illeso, il bilancio della tragedia, giovedì mattina, lungo il versante nord del Piz di Grevasalvas, che dà verso Bivio, in Engadina. A perdere la vita sotto una valanga sono stati Fabio De Marco, 41 anni, nato a Lecco, ma residente a Rezzago, istruttore di scialpinismo della Scuola Alto Lario e prima dell’Alta Brianza, e socio Cai Asso, e un altro scialpinista di 42 anni, pure originario di Lecco, ma residente nella provincia di Monza e Brianza, di cui al momento non si conosco le generalità. De Marco lascia la moglie e la figlia di soli 6 anni.

Avevano da poco intrapreso la discesa lungo il versante nord del Pizzo, i tre scialpinisti, quando si è verificato il distacco di un lastrone: non è escluso che sita tato prodotto dal loro stesso passaggio. Il punto di partenza della valanga può considerarsi intorno ai 2.850 metri e il punto d'arrivo poco più di 200 metri sotto, a quota 2.600. Un ampio fronte che ha travolto in pieno due scialpinisti, per uno dei quali - l’uomo residente in Brianza - non c'è stato niente da fare sin da subito.

Sul posto, non appena è scattato l'allarme, sono giunti tre elicotteri, due della Rega svizzera e uno di Elibernina, e due squadre di ricerca valanghe del Club alpino svizzero, che, dopo circa un'ora, hanno localizzato tutti e due gli scialpinisti scomparsi sotto la neve e li hanno liberati.

La ricostruzione

«Qualsiasi aiuto è arrivato troppo tardi per una delle vittime sepolte - dicono dalla Polizia cantonale grigionese - poteva essere recuperato, purtroppo, solo morto», mentre Fabio De Marco è stato estratto vivo dalla neve e trasportato in condizioni critiche all’ospedale cantonale dei Grigioni di Coira, ma nella giornata di ieri il suo cuore ha cessato di battere. Illeso, invece, l'amico di 32 anni, pure brianzolo, che era con loro e che il personale del soccorso ha trovato intento a cercare disperatamente i suoi compagni.

Testimone della tragedia, anche se non diretto perché arrivato con amici a distacco già avvenuto, è Giovanni Rovedatti, 55 anni di Morbegno, scialpinista di lungo corso che, giovedì mattina era proprio lì, pronto a ridiscendere con gli sci dal versante da cui era risalito, quello sud di Plaun da Lej.

«Lo stesso da cui sono passati anche i tre scialpinisti vittime della valanga - afferma Rovedatti - perché non ho visto tracce di risalita sul versante nord. Probabilmente, proprio come abbiamo fatto noi, sono arrivati a Plaun da Lej (località a metà strada fra Maloja e Sils Maria), e hanno preso a risalire il versante sud dai 1.756 metri di Plaun da Lej fino ai 2.932 del Pizzo. Da lì, invece di tornare indietro e ridiscendere il versante sulla neve, hanno preso per il versante nord, che è sempre un po’ più difficile e insidioso perché il manto è meno assestato. E lì è avvenuto il distacco. Noi, mentre risalivamo la montagna, intorno alle 10, siamo stati superati da un elicottero della Rega. E una volta in cima abbiamo visto che gli elicotteri erano tre e che c’era una vasto fronte valanghivo. Siamo tornati sui nostri passi, nella consapevolezza che qualcosa di grave era successo»

La discesa

Solo nella mattinata di ieri, però, la notizia della tragedia ha iniziato a circolare. «Non conosco le persone coinvolte, ma mi dispiace - dice Rovedatti - anche perché l'escursione scialpinistica al Grevasalvas è una salita classica invernale, consigliata anche a coloro che sono ai primi approcci con lo scialpinismo. Tra l’altro, il pericolo valanghe era medio basso, 2 moderato in una scala di 5. Certo, il versante nord lì è più ripido e pericoloso. In montagna è così, il rischio zero non è contemplato».

Rischio che, oggi, da noi, è 2 moderato sulle Retiche e 1 debole sulle Orobie, ma la prudenza è sempre d'obbligo.

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