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Martedì 05 Agosto 2025
Grande instabilità. Ma dalle imprese comasche segnali di tenuta
Trend L’Osservatorio di Confindustria Como indica una crescita (3,3%) superiore alle previsioni. Restano i nodi su incertezza dei mercati ed energia
Como
Le tensioni geopolitiche, il rialzo dei costi, le difficoltà logistiche, l’erosione dei margini e le recenti tensioni commerciali sono sfide concrete per molte imprese comasche. A queste criticità si somma un progressivo cambiamento nei modelli di consumo a livello globale.
L’Osservatorio Congiunturale di Confindustria Como per il primo semestre 2025 registra un aumento di domanda, attività produttiva e fatturato del +3,3% rispetto al semestre precedente, superando le previsioni formulate nella scorsa edizione (+1,3%), il confronto con il primo semestre 2024 evidenzia un calo dell’1,1%.
L’analisi
«I dati restituiscono un quadro articolato dell’economia comasca, che alterna segnali di tenuta e capacità di adattamento a elementi di criticità strutturali – commenta Gianluca Brenna presidente di Confindustria Como - Se da un lato registriamo una crescita congiunturale di produzione, domanda e fatturato, dall’altro rimane evidente un rallentamento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, a conferma di un contesto ancora instabile».
Nel primo semestre 2025 il tasso medio di utilizzo degli impianti produttivi si attesta al 60,1%. Le aziende con oltre 50 addetti raggiungono il 68,4%, mentre quelle più piccole si fermano al 55,8%. L’utilizzo è del 67,2% nel tessile, 58,3% nella metalmeccanica e 61,6% negli altri comparti. Le imprese affidano in outsourcing il 6,6% della loro produzione, la subfornitura riguarda principalmente partner nazionali (5,1%), mentre solo l’1,5% è gestito da fornitori esteri. Le previsioni per il secondo semestre indicano un approccio prudente, un lieve aumento di ordini e produzione (+0,2% in media), a fronte di una modesta flessione delle vendite (-0,7%).
Tra gennaio e marzo il 15% delle imprese ha registrato un aumento dei costi di acquisto delle materie prime, tra aprile e giugno, la quota di chi segnala rincari è salita al 21,9%. L’aumento dei costi energetici ha portato il 12,8% delle aziende a riorganizzare produzione e lavoro per contenere l’incidenza dei picchi tariffari.
L’instabilità geopolitica internazionale ha avuto impatti negativi sul 42,2% delle realtà, le principali criticità riguardano: incertezza sui mercati di sbocco (67,8%), calo della domanda (59,7%), aumento dei costi energetici e delle materie prime (41,1%), problemi logistici e nei trasporti internazionali (22,8%), riduzione degli investimenti programmati (20,1%) e interruzioni nelle catene di fornitura (7,8%).
Modelli di consumo
A questi nodi Brenna aggiunge il cambiamento nei modelli di consumo a livello globale: «In ossequio anche a una scelta di politica industriale interna, i cinesi stanno riscoprendo il valore del prodotto nazionale, facendo venir meno quel meccanismo di riconoscimento sociale che identificava lo status con brand europei. Questo mutamento, già evidente nei bilanci dei grandi marchi internazionali, produce un effetto a catena sulle filiere produttive, e colpisce in modo diretto anche il nostro territorio, in particolare la filiera tessile comasca e le aziende impegnate nell’automotive. Un cambiamento di paradigma che richiede al nostro sistema produttivo capacità di riposizionamento, diversificazione e rinnovata attrattività dei nostri saper fare».
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