Jet leg e temperature: il viaggio in Australia un rebus

Analisi Continua a tenere banco la sfida di Serie A tra Milan e Como, che si disputerà a Perth, in Australia, il prossimo febbraio

Como

Continua a tenere banco la sfida di Serie A tra Milan e Como, che si disputerà a Perth, in Australia, il prossimo febbraio. La decisione, ufficializzata questa settimana con il via libera straordinario della Uefa, segna un precedente storico per il calcio italiano: per la prima volta una gara di campionato si giocherà fuori dall’Europa. La scelta, resa necessaria dall’indisponibilità dello stadio milanese di San Siro durante i Giochi Olimpici Invernali, ha scatenato un acceso dibattito. Tifosi e addetti ai lavori si confrontano animatamente sui social, ma — fatto inusuale per i tempi moderni — non si sono ancora registrate proteste concrete. Una volta, una decisione del genere avrebbe probabilmente generato manifestazioni di protesta e di dissenso; oggi la discussione resta confinata nel mondo digitale.

Dietro la curiosità e le polemiche, però, c’è anche un tema più tecnico: l’impatto fisico e logistico di una trasferta intercontinentale che porta le squadre “dall’altra parte del mondo”. Ne abbiamo parlato con il dottor Andrea Panzeri, comasco, medico dello sport e presidente della Commissione Medica della Fisi che da anni segue gli atleti della nazionale di sci alpino. «Nel nostro sport affrontiamo viaggi frequenti e impegnativi — spiega Panzeri — anche se non sempre lunghi come un Milano-Perth (circa venti ore di volo solo per l’andata – nda). Per atleti di alto livello, però, la gestione di questi spostamenti è ormai parte integrante della preparazione». Il principale “nemico”, sottolinea, resta il jet-lag. «Oggi ci si organizza già nei giorni precedenti alla partenza, modulando sonno e alimentazione in base alla direzione del viaggio, se verso est o verso ovest. L’obiettivo è anticipare o posticipare i ritmi biologici per ridurre l’impatto del cambio di fuso orario. Alcuni poi utilizzano la melatonina o farmaci specifici a smaltimento rapido, ma la base resta la programmazione personalizzata». Durante il volo, continua Panzeri, è essenziale muoversi e idratarsi spesso. «Consigliamo sempre di sgranchirsi, anche solo con qualche passo. Chi viaggia in business class ha ovviamente più spazio, ma anche per chi resta seduto a lungo consiglio l’uso di calze elastiche, che aiutano a prevenire problemi vascolari». Una volta arrivati, tutto dipende dalla rapidità di adattamento e dalla gestione dei giorni successivi. «Serve un lavoro accurato di staff medico e preparatori, perché il corpo impiega tempo per riadattarsi. E non va dimenticato che, subito dopo la partita, ci sarà un nuovo volo intercontinentale e un’altra sfida da affrontare a distanza di pochi giorni».

Un viaggio, dunque, che non è solo simbolico. Il Milan-Como di Perth sarà un esperimento unico, ma anche un test concreto sulla capacità delle squadre di programmare, proteggere e preparare i propri atleti in condizioni “estreme”. Un banco di prova non solo sportivo, ma anche scientifico.

Intanto Carolina Morace lancia l’alalrme: l’ex allenatrice del Milan femminile ha commentato così la scelta di giocare la sfida tra i rossoneri e il Como in Australia: «Probabilmente, chi l’ha pensata non è mai stato a Perth a febbraio. Passare dal freddo italiano ai 40 gradi lì, e ritorno, sarà costoso sia per la salute dei giocatori, sia per la performance sportiva una volta rientrati. Il fuso orario è massacrante: la nostra notte è il giorno australiano e viceversa. C’è il rischio concreto di perdere punti e sacrificare la stagione una volta tornati in Italia. Se proprio si doveva giocare all’estero, meglio un posto più vicino».

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