Nel film della preside
oscena è la stampa

E così, alla fine, una volta deposto il mantello dell’educazione, delle buone maniere e dell’ipocrisia per dare libero sfogo al richiamo della foresta, al cuore di tenebra che cova e mugola e graffia sotto la coltre del perbenismo collettivo, cosa c’è di più liberatorio, di più morboso, di più appagante del dare della mignotta a una donna? Non fate i farisei. Non è così? Non è forse così che ci comportiamo appena l’occasione fa l’uomo ladro e lo riconduce ai comportamenti più stereotipati proprio nel bel mezzo dell’epoca che - a parole - quei comportamenti condanna, sanziona e crocifigge?

La vicenda ignobile, grottesca e strapaesana della preside di un liceo romano finita nel tritacarne mediatico per la sua supposta relazione con un alunno dell’ultimo anno ne è stata l’ennesima prova eclatante. Appena la vicenda è diventata pubblica, si è subito entrati nell’atmosfera da filmetto scollacciato anni Settanta - tipo “La prof ci sta con il maturando”, con tanto di Edwige Fenech e il suo maestoso lato A, Nadia Cassini e il suo imperiale lato B e poi Lino Banfi, Pippo Franco e Alvaro Vitali a volontà. E tutti giù a ridere e sbellicare e sghignazzare e ululare sulla dirigente cinquantenne sì, ma ancora assai bonazza, e il suo caschetto nero che già da lì si capisce tutto e il suo abbigliamento che andrebbe bene a sua figlia, signora mia, e le chat e i messaggini spinti e gli audio e le spupazzate in un parcheggio - in un parcheggio! - e tutto il resto della saliva, dello spurgo e della fogna che ha inondato i nostri autorevolissimi media cartacei, televisivi e digitali per qualche giorno prima che la materia venisse a noia e si passasse alle polemiche sulla quarta dose, sulla terza guerra mondiale e, soprattutto, sul gol annullato nel derby.

Bene, giusto per la cronaca, la preside di cui sopra è stata assolta dall’indagine ministeriale che, come era ovvio a tutti tranne che ai media – specialmente a uno che avrebbe anche fatto la storia della sinistra in Italia, ma che adesso sembra una congrega di beghine con il ditino alzato - non c’era alcuna violazione del codice disciplinare scolastico. Anche perché qui, fino a prova contraria, siamo di fronte a una relazione - sempre che sia mai avvenuta - tra una donna maggiorenne nel pieno delle sue facoltà e un uomo maggiorenne capace di intendere e volere. Quindi, innanzitutto la vicenda riguarda solo loro, il marito di lei e la fidanzatina di lui – e quindi, chissenefrega - e poi non si capisce per quale pruderie da strapazzo del ragazzo non si sappia nulla, né nome né residenza né altro, e invece la preside sia stata sventolata in mondovisione senza alcun rispetto della privacy, che noi pennivendoli invochiamo a tutela dei peggio delinquenti del bigoncio. Facile infierire su una signora nessuno della via Appia, vero?

Forse c’era un complotto ai danni della preside? Questo di certo no, al netto di tutte le dinamiche velenose che ammorbano gli ambienti di lavoro, soprattutto quando il capo è una donna. Ma invece sì per quanto riguarda il riflesso condizionato che ci pervade tutti - uomini e donne, adulti e ragazzi - quando il luogo comune mette la sua esca alla quale è impossibile non abboccare e che ci affolla la testa di doppi sensi sulle svedesi che ci stanno con tutti, i neri che hanno il ritmo nel sangue, i baristi che sono tutti evasori e bla bla bla. E con buona pace della culturetta da quattro soldi che abbiamo propagandato in questi anni di finta libertà di pensiero e di finta libertà sessuale che proclamava, appunto, la fine del pregiudizio sessista, del pregiudizio sulla differenza di genere, del pregiudizio sulla donna matura che si accompagna al fidanzato giovane (mentre il contrario è sempre una medaglia per noi maschi alfa senza il senso del ridicolo...).

E la cosa ancora più grave è, da una parte, la spietatezza del tutto immotivata di tanta parte dell’universo femminile nei confronti della povera preside - invidia, forse? - e, dall’altra, di tanti studenti che saranno anche della nuova generazione, saranno nativi social, saranno fluidi e no logo e green e mojo ed ecosostenibili, ma che in questa occasione con i loro insulti sui muri hanno esibito un moralismo peloso e penoso degno dei loro nonni con la bombetta e l’oriolo alla mano. Perché alla fine si è arrivati ancora lì: al fatto che lei fosse una gran mignotta, appunto.

L’eventuale relazione sentimentale tra una preside e uno studente della stessa scuola è inopportuna? Ovviamente sì. Ma di certo non è illegale. Ed è qui che tutte le persone di buonsenso dovrebbero fermarsi, senza aver bisogno del sigillo degli ispettori del ministero per chiudere la vicenda. E poi la vicenda non è affatto chiusa. Niente si chiude nel mondo dei social e del chiacchiericcio torbido e diffamatorio da romanzo di Piero Chiara.

La preside rimarrà bollata per sempre come quella che aveva la storia con il ragazzino, l’assatanata, la nave scuola, la milf, la cougar in fiamme, qualunque cosa faccia, ovunque vada a lavorare, qualsiasi intervista riparatrice pubblichi, qualsiasi risarcimento danni le venga assegnato se avrà la buona idea di querelare qualche giornale che su questa vicenda ha dimostrato quanto siamo capaci di essere cialtroni, noi cialtroni di professione. Perché anche in questo caso giornalismo ha fatto rima con cialtronismo.

La lettera scarlatta è definitiva. Per lui no, che anzi potrà tirarsela un po’ da fenomeno con gli amici e i compagni di classe (diciamoci la verità: chi non ha mai sognato un’avventura con la prof di inglese o di scienze, un po’ come i ragazzotti di Amarcord?). Ma per lei sì. Sempre che la preside non sposi il suo allievo e che lui non diventi tra qualche anno presidente del consiglio, un po’ come è successo a Macron con la sua Brigitte. In quel caso è fatta. Stia tranquilla che, se così fosse, noi giornalisti tutti d’un pezzo ci penseremmo tre volte prima di riempire di fango la signora di Palazzo Chigi. Ma questa è un’altra storia…

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