Rapina al centro massaggi: la vittima lo riconosce, lui nega

Il processo Faccia a faccia ieri in tribunale tra l’imputato e la donna. Il ragazzo, 19 anni, è già in carcere perché sospettato di un tentato omicidio

Como

Da una parte la vittima, una donna cinese di 45 anni, che indica chiaramente al Collegio del Tribunale di Como – in aula – il ragazzo che l’aveva rapinata con un complice la sera del 4 gennaio 2024, in un centro massaggi di via Varesina, al 193. Dall’altra l’imputato, Mohamed Friha, 19 anni di Como residente in via Anzani, tra l’altro in carcere perché sospettato del tentato omicidio della scorsa estate in strada a Sant’Agostino, che nega categoricamente di esserci stato quella sera, di conoscere il presunto complice – Babacar Badiallo, senegalese di 29 anni – solo perché si vedevano dalle parti di Rebbio frequentando le stesse zone, di aver saputo di quello che aveva fatto ma di non aver preso parte al colpo. Nel mezzo ci sono i giudici che saranno ora chiamati a decidere su un fascicolo aperto non solo per la rapina al centro massaggi, ma anche per tentata estorsione.

La ricostruzione

Alle 22 della sera del 4 gennaio 2024 nel centro massaggi Huali di via Varesina entra un ragazzo subito seguito da un complice, uno basso – il primo – e l’altro alto, il secondo. Per l’accusa sarebbero Friha e Badiallo, con quest’ultimo che ha già patteggiato per tutte le accuse una pena di 2 anni e 4 mesi. I due rapinatori, armati di una bottiglia rotta, avvicinano due cinesi presenti nel negozio e rapinano due anelli d’oro, 200 euro e 20 franchi svizzeri e un telefono cellulare.

Sul posto arriva la polizia. Un agente (fingendosi amico della vittima) prova a contattare il telefono rapinato ottenendo una risposta. Il malvivente, che poi si rivelerà essere Badiallo, chiede mille euro per restituire il telefono. Viene organizzato lo scambio che avviene nei pressi del parcheggio dell’Ippocastano. Sul posto si presentano però gli uomini delle volanti e della Mobile che arrestano Badiallo e Friha. Il primo come detto patteggia. Il secondo, ieri in aula (assistito dall’avvocato Roberto Melchiorre), nonostante poco prima fosse stato indicato dalla donna cinese come il responsabile, nega tutto: «Non ho partecipato a quella rapina, ho incontrato Badiallo a Rebbio per caso e venni a sapere quello che aveva fatto. Perché mi trovavo nel punto dello scambio? Perché abito in via Anzani, stavo rincasando e avevo deciso di seguire Badiallo, poi però mi ero staccato per comprare le sigarette. Quando tornai indietro ci non capii più nulla e venni arrestato».

Un altro straniero?

In aula ad ascoltarlo e a controbattere c’era il pm Giuseppe Rose, mentre gli agenti di polizia poco prima avevano raccontato le fasi dell’arresto, compreso il fatto che Friha fu fermato in piazza della Tessitrice, molto lontano dunque da casa sua. Cosa ci faceva lì se davvero nulla centrava con la rapina e la tentata estorsione? A ingarbugliare il tutto ci ha pensato anche Badiallo, sentito ieri in aula: di fronte al Collegio ha detto che il colpo con lui non lo commise Friha ma un altro straniero non meglio identificato, di cui però non se ne era mai saputo nulla almeno fino a ieri. L’udienza proseguirà ora a febbraio.

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