La fotografa Emma Paillex
«Dialogo tra seta e fabbrica»

I dieci anni di “Tess” Giovane e talentuosa artista dell’obiettivo, figlia d’arte (il padre è Mauro Paillex) l’autrice della cover story parla di sé e dello shooting

Emma Paillex, l’autrice delle immagini della cover story del numero autunnale di “Tess” (ottobre 2023), è una giovane ed esperta fotografa, con studio a Milano. Nel suo portfolio ritratti e importanti servizi di moda, sport e pubblicità. Info: [email protected]. È figlia d’arte del celebre fotografo Mauro Paillex, che ha firmato anche shooting per “Tess” e per “Enjoy Como”.

Qual è stato il suo percorso nella fotografia? E quale il suo personale sguardo sul “racconto” della moda per immagini?

La fotografia è sempre stata presente nella vita grazie a mio papà, eccellente fotografo. Ho avuto la fortuna di poter imparare molto da lui, e di prendere in prestito le mie prime macchine fotografiche. Intorno ai sedici anni ho iniziato a fare i primi lavoretti, facevo foto ad eventi e alle mie amiche. Durante il mio percorso universitario mi sono trasferita a Milano e mi sono appassionata sempre di più al mondo della moda. In quel periodo scattavo principalmente immagini di prodotto, still-life per intenderci. Non mi è più bastato. Mi sono avvicinata alla fotografia di moda per una mia necessità, per il bisogno di poter combinare la perfezione delle immagini di prodotto con l’arte e la creatività. Nel mondo della moda tutto è lecito, è una continua sperimentazione, ma allo stesso tempo si è sempre influenzati da quello che è venuto prima. La cosa che mi piace di più del raccontare un capo d’abbigliamento o un accessorio è anche tutta la ricerca che si sviluppa prima del servizio. Normalmente una persona vede la foto finale, senza sapere il lavoro che avviene antecedentemente; tutta l’idea creativa che è stata pensata prima dello shooting e il lavoro che avviene anche dopo, grazie al magico mezzo della post produzione. Questa serie di elementi, porta a raccontare la storia che si è pensato. Chiaramente, bisogna poi anche cogliere l’attimo giusto.

La location della cover story è una fabbrica tessile. Conosceva il distretto comasco? Come ha fatto dialogare il mondo produttivo “pesante” con la leggerezza della seta?

Ero a conoscenza del distretto serico comasco e della sua bellissima storia, ma mai avevo avuto la possibilità di entrare in una fabbrica tessile importate come la Mantero. L’idea dietro il servizio era proprio quello di mostrare la bellezza e l’eleganza che vengono prodotte all’interno dell’azienda. Seta e macchinari hanno dialogato attraverso contrasti di colori. Macchinari scuri e luci cupe illuminavano tessuti pregiati e dai colori brillanti. Telai per la stampa dalle forme nette contrastano con la leggerezza dei movimenti di un foulard lanciato in aria.

C’è una differenza, a suo parere, tra il modo di fare fotografia di moda di una donna e quello di un uomo?

Sicuramente una differenza c’è, ma come può esserci tra me e un’altra donna. La fotografia in generale, è qualcosa di estremamente personale.

Al tempo del digitale, quali sono i vantaggi e i limiti della tecnologia, quando viene applicata alle fotografie?

Non sono particolarmente nostalgica riguardo il mondo della fotografia. Sono nata in un periodo in cui stava avvenendo il passaggio al digitale e di conseguenza ho sempre prediletto l’utilizzo di macchine digitali. La bellezza è che puoi rivedere immediatamente le foto senza dover aspettare diversi giorni, ma soprattutto; quando scatti una foto il lavoro non è finito, perché puoi ancora intervenire in modo decisivo nel processo creativo grazie alla post produzione. Parlerei di un non-limite del digitale. I limiti forse ce li siamo imposti noi: scattiamo foto in continuazione senza pensare a cosa stiamo facendo per poi ritrovarci pieni di immagini che probabilmente non stamperemo mai.

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